sabato 17 novembre 2012

Prenotazione di concordato


cito:

IL CASO. it    Sezione II – Dottrina e opinioni    documento n. 313/2012
VADEMECUM PER LA DOMANDA “PRENOTATIVA” DI CONCORDATO PREVENTIVO
DI MASSIMO FABIANI

coommenti  di Giorgio Laganà

SOMMARIO: I. Crisi economica, crisi dell’impresa e sviluppo. – II. La domanda di concordato ex art. 161 6° co, l.fall.- III. Il contenuto minimo. – IV. Il contenuto eventuale. – V. Gli effetti protettivi. – VI. Il procedimento. – VII. I poteri del Giudice. – VIII. Conclusioni.
I. Il decreto-legge “Sviluppo” 83/2012 e la legge di conversione 134/2012 contengono delle ragguardevoli novità in tema di disciplina delle crisi d’impresa.
Crisi e sviluppo parrebbero porsi come termini e concetti antinomici, ma subito va sgomberato il campo dal sospetto dell’eterodossia delle misure sulla crisi d’impresa rispetto al contesto normativo. Il tratto che qualifica, davvero, l’art. 33 del d.l. (nella versione modificata con la legge di conversione) è rappresentato dalla dichiarata opzione di agevolare le imprese nell’uscita dalla crisi premiando soluzioni nelle quali un valore è rappresentato dalla continuità aziendale.
Ora non è seriamente sostenibile che tutte e proprio tutte le nuove disposizioni siano orientate ad assecondare un’impresa in crisi che voglia proseguire l’attività ma il leit-motiv è, senza dubbio alcuno, questo.
La circostanza che si sia voluto premere l’acceleratore sulla soluzione delle crisi incentivando il ricorso al concordato preventivo è un dato di fatto, non un giudizio di valore (cioè sulla preferibilità di tale strumento).

 Commento :  questo pezzo propio non lo capisco esimio professore   cosa vuole afferamare  ?Forse  non si è reso conto che questa legge è forse anche fin troppo poco efficace per le esigenze reali del Paese che è al capolinea .
L' economia è al capolinea  e questo e sotto gli occhi di tutti basta andare nelle zone industriali e osservare la desertificazione in atto...
Il ricambio generazionale  è fallito , il sistema bancario è incapace di dare  risposte adeguate  e abbaimo ancora dei dubbi sulla liberalizzazione e  privatizzazione della crisi attraverso il conocrdato ? Ho capito  male ?
Cosa  vuole dire   mi scusi quando afferma  non e un giudizio di valore ... non e forse d' accordo o è per la restaurazione del vecchio sistema fallimentare... 

Io  credo che  semmai il governo come al solito  ha fatto poco e male perche al tavololegilativo siedo sempre piu soloni che hanno  poco a che afre con la relata opertiva e la vera professione

Questa legge  avra un effetto devastante sulsitema e fara saltare il banco...
 Fra meno di 3 mesi le  cancellerie fallimentari scoppieranno di lavoro e  non sara più possibile  sostenere il ruolo dei trinunali nella gestione della  crisi.. credo che questa accelerazione abbia  un nome solo..caos ...
Si è fatta  questa legge senza pensare ai tribunali e al sistema bancario ...
Lo sa professore quanti sono i magistrati che si occupano di conordati e fallimenti a Lecco ? ha idea  dei tempi di risposta  ? 
Sa professore quanti sono i finzionari di banca e gli avvocati che comprendo un piano industriale in continuità----
 
Credo che  non serva un giudizio di  valore in questo momento ma serva semmai ancora piu coraggio e  giugere a limitare ancora  di piu il ruolo dei giudici , la  creazione di autorità  per la gestione delle  grosse aziende in  crisi , la creazione di un albo di specialisti della crisi con reali esperienze  e la creazione di agenzie della  crisi da parte di iscritti ad albi e  un ricambio generazionale dei  vecchi prifessionisti che hanno piantato radici nei tribunali e che hanno avuto nella loro vita piu di 20 incarichi... cosi si cambiano le  cose,.. 

La stessa opzione che premia la continuità aziendale non è scevra da rischi anche seri, visto che nella maggior parte dei casi questa continuità è assicurata da apporti finanziari che venendo a fruire (giustamente) del vantaggio della prededuzione possono ben erodere ulteriormente le aspettative dei creditori pregressi.

Commento_: evidentemente non abbiamo esprienza.ESIMIO PROFESSORE DI QUELLA CHE E' LA REALTA'  OPERATIVA  E DELLA CRISI DELLE MIGLIAIA DI AZIENDE IN CRISI..... 
Chi ha detto che esiste un assioma tra continuità e necessita di finanza...  ha pensato ad una moratoria o a degli strumenti partecipativi.??   
Ma lei veramente crede ( mi  dispiace dirlo ) che si possono facilmente  fare concordati in continuita e ottenere  liquidità e finanza necessaria dall' attuale sistema  bancario ..
Direi che non ci siamo ..di questi tempi e quasi imposibile avere un concordato in continuita con nuova finanza,.,.  lei e in  grado di trovarla... ci dica  come  

 Soprattutto in un momento di gravissima crisi macroeconomica le prospettive dichiarate nella proposta possono risultare velleitarie e tali da indurre i creditori, specie quelli meno attrezzati, a sentirsi più al sicuro nel riparo della procedura fallimentare. Tanto che, non a caso, il legislatore ha perciò inciso sul modo di espressione del voto proprio per rendere i creditori apatici l’ago della bilancia col metodo del silenzio assenso.


 Commento: anche qui non mi trova   d' accordo . Perche non pensare a una  volonta di rendere il concordato una vera e propia commodity della  crisi  ? Perche non accettare  il fatto che  questo sitema imporra' alle amministrazioni dell stato di votare se  vogliono decidere  sui concordati e  che il silenzio della Pa  non deve intralciare il successo del  concordato  ?
Non era molto ben disposto quando ha scritto  quell' articolo ?




Nel contesto di un dichiarato favor concordatario, la norma- manifesto di quest’ultimo intervento estivo del legislatore è certamente rappresentata dall’addenda del 6° co. innestata nell’art. 161 l.fall., là dove si consente che l’imprenditore depositi il ricorso contenente la domanda di concordato preventivo, riservandosi di presentare il piano, la proposta e la documentazione in un termine fissato dal giudice.
II. Questa disposizione marca col diritto positivo una distinzione fra piano, proposta e domanda che era stata elaborata in dottrina e che ha il pregio di differenziare ciò che attiene al processo (la domanda), ciò che attiene al contenuto negoziale (la proposta) e ciò che attiene al modo in cui si pensa di rendere realizzabile la proposta (il piano).
Orbene, poiché la predisposizione del piano e della proposta possono richiedere del tempo [considerando, anche, che il piano deve essere attestato da un professionista indipendente, v. il novellato art. 67, 3° co,. lett. d), l.fall.], e in questo tempo il patrimonio del debitore potrebbe subire aggressioni da parte dei creditori, si è ritenuto di anticipare la protezione e gli effetti del concordato (segnatamente gli effetti di cui agli artt. 168 e 169 l.fall.) al momento della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese. In verità, si tratta formalmente di una posticipazione (visto che prima rilevava il deposito del ricorso in cancelleria), ma nella sostanza di un’anticipazione dal momento che la domanda può essere depositata priva dei suoi connotati fondanti.

Con la previsione di cui al cennato 6° co., si ammette la scissione fra il profilo volitivo (la domanda di apertura del concordato), quello propositivo (la proposta) e quello argomentativo (il piano). Questa scissione attribuisce, però, al debitore un sicuro atout, rappresentato dal fatto che larga parte dei benefici protettivi è anticipata ad un momento in cui il destino dei creditori è largamente inespresso, posto che costoro non sapranno, per un certo tempo data, che modello di concordato sarà proposto e quale tipo di remunerazione potranno conseguire. Anzi, i creditori potrebbero trovarsi, pure, di fronte alla sorpresa di una sostituzione della domanda di concordato con una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l.fall., visto che è ammessa la passerella fra l’uno e l’altro strumento (anche a posizioni rovesciate visto che al pre-accordo di cui all’art. 182 bis l.fall., può seguire una domanda di concordato preventivo).


Che lo scopo di questa opzione fosse quello di far penetrare nel nostro ordinamento un modello di procedimento concorsuale largamente ispirato al sistema nordamericano del tanto osannato Chapter 11, non è seriamente in discussione. Si è voluto conseguire l’effetto di aprire una fase di osservazione pre-procedura nella quale, peraltro, un ruolo importante è assunto dal giudice. L’esperienza statunitense è, si dice, largamente positiva e ha consentito la risoluzione di gravissime crisi in tempi assai rapidi, almeno    per    alcune    dinamiche    introduttive.    Pur    nella consapevolezza della bontà del modello, calato nella nostra esperienza nella quale l’”etica” non pare facilmente comporre un sintagma con “impresa”, non si possono non enunciare i rischi di una strumentalizzazione non davvero edulcorati dalle addende contenute nella legge di conversione.
III. Se è vero che al debitore è offerta questa chance, occorre, però, stabilire quale debba essere il contenuto minimo del ricorso che accompagna la domanda.
In sintesi, la domanda deve contenere:
a) la delibera (notarile e da iscrivere nel registro delle imprese) dell’Organo amministrativo secondo quanto disposto nell’art.152 l.fall., salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo o dello statuto; per le società di persone la delibera è adottata dalla maggioranza dei soci; infatti, ancorché l’art. 152 l.fall. parli di proposta deliberata, ora che la proposta è scissa dalla domanda, l’atto volitivo sembra dover essere deciso con le formalità di cui all’art. 152;
b) la sottoscrizione del legale rappresentante della società;
c) la dichiarazione dell’imprenditore di non aver fatto ricorso ad analogo procedimento semplificato con esito infruttuoso nei precedenti due anni.
Unitamente alla domanda occorre produrre alcuni allegati:
i) sicuramente i bilanci degli ultimi tre esercizi e, ove l’impresa non sia tenuta a redigerli, una equivalente documentazione;
ii) in funzione di consentire al giudice una prima valutazione sull’ammissibilità della domanda prenotativa, ai fini della verifica dello stato di crisi, se questo già non risulta dai bilanci, è necessario produrre una situazione patrimoniale aggiornata;
iii) poiché il tribunale deve valutare la propria competenza, è necessario allegare il certificato del registro delle imprese, là dove l’impresa sia regolarmente iscritta, ovvero ogni altro documento utile in funzione dell’accertamento della competenza del giudice adito.
IV. La circostanza che il ricorso possa essere predisposto in forme assolutamente semplificate non esclude affatto che la domanda, per quanto da catalogare come “prenotativa”, possa essere arricchita da ulteriori elementi.
Ad esempio può essere utile che nel ricorso venga rappresentata la storia dell’impresa e ciò che ha concorso a determinare la situazione di crisi, nonché tutto quanto sia funzionale a consentire al tribunale di esprimere una prima delibazione sulla sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 1, 5 e 160 l.fall.; ovverosia che il richiedente è un imprenditore commerciale non sotto-soglia e che si trova in stato di crisi/insolvenza.
Una domanda così confezionata deve reputarsi pienamente ammissibile, sebbene possa andare incontro ad una serie di gravi inconvenienti sì da risultare pregiudizievole per il progredire del procedimento.
 Occorre, infatti, rammentare che una volta depositata e pubblicata, si apre una fase di limbo nella quale, di fatto, si decide la sorte dell’impresa e questa sorte è decisivamente influenzata da una sequenza di poteri che sono attribuiti al giudice. Basti pensare alle autorizzazioni al compimento degli atti di straordinaria amministrazione, all’autorizzazione a contrarre finanziamenti, all’autorizzazione allo scioglimento dei rapporti pendenti, alla concessione del termine per il deposito del piano e della proposta.
Ed allora, non è chi non veda che la domanda in bianco, sicuramente ammissibile, non consentirà al giudice di esercitare i poteri che pure egli ha in questa fase: motivo per cui il debitore potrà ottenere le autorizzazioni che eventualmente gli occorrono solo in presenza di una domanda che abbia un contenuto più diffuso.
Non si tratta, per vero, di attenuare l’impatto della novità, quanto piuttosto di riconoscere che l’equilibrio fra poteri della parte (debitore), poteri del giudice e interessi dei creditori non può prescindere da una corretta e completa informazione.
Pertanto già si può concludere che la domanda “prenotativa” secca, assolutamente in sé legittima, è compatibile soltanto con una situazione nella quale all’impresa non servono tutte le potenzialità che oggi la legge riconosce; infatti se il debitore deve rivolgersi al giudice per ottenere una qualche autorizzazione deve fornire tutte le informative coerenti con il tipo di provvedimento che richiede al tribunale. In tale cornice, ogni qualvolta si tratterà di presentare un’istanza al tribunale, il debitore dovrà, quanto meno progressivamente, scoprire le carte. Certo si tratta di un bel vantaggio rispetto al passato ma è pronosticabile che non capiterà di frequente di assistere ad una domanda completamente bianca alla quale faccia seguito la proposizione di piano e proposta allo spirare del termine concesso dal giudice senza che nelle more sia accaduto qualcosa.
Quando si agevola il debitore, anticipando l’effetto protettivo sul patrimonio ad un momento in cui piano e proposta non potrebbero ancora accompagnare il ricorso, e si stabilisce che nelle more della presentazione del piano e della proposta, il debitore conserva (e giustamente visto che non si può parlare di spossessamento ma di formazione di un patrimonio segregato) la gestione dell’impresa, è necessario, però, confrontarsi col ruolo del tribunale. Pur quando si prevede che il giudice possa assumere informazioni prima di concedere o negare l’autorizzazione, v’è da chiedersi quale tipo di istruttoria possa svolgersi se non si sa che cosa vuol fare il debitore. V’è da chiedersi come possa il giudice autorizzare la dismissione di un cespite, quello dove viene esercitata l’attività d’impresa, se non sa (e non può sapere) che modello di concordato verrà proposto, con o senza continuità aziendale. Ed allora, l’attribuzione al giudice di poteri nella fase di limbo è soluzione ampiamente convincente ma nella misura in cui vi sia una leale collaborazione della parte che voglia, non appena possibile, disegnare in modo sempre più specifico il programma concordatario.
Quando, poi, ci si interroga sul possibile spettro degli obblighi informativi che il tribunale può imporre, è utile precisare che di fronte a una domanda del tutto priva di contorni, il tribunale potrà sì disporre obblighi di informazioni periodiche sull’andamento dell’impresa, così come l’elenco delle operazioni (pur di ordinaria amministrazione) più rilevanti, ma questo tempo non potrà essere utilizzato per assumere notizie più importanti e se si vuole più utili per un proficuo dialogo. Le prescrizioni imposte nei primi provvedimenti sembrano confermare questi limiti. Poste queste criticità di fondo, è ora più razionale assumere un atteggiamento costruttivo enunciando un catalogo di comportamenti virtuosi associati a questa nuova figura di pre-concordato:
i) il debitore nel momento in cui chiede la fissazione di un termine che il giudice può concedere nella forbice fra 60 e 120 gg. (salvo l’ulteriore proroga da accordare, però, in prossimità della scadenza del primo termine) deve motivare la sua richiesta e spiegare, perché è sufficiente il termine minimo o è necessario quello massimo; nel far ciò già la domanda può assumere un contenuto più articolato;
ii) il tribunale all’esito della richiesta, in presenza di giustificati motivi potrà concedere il termine massimo, mentre in mancanza di motivi o in presenza di motivi palesemente incongrui si limiterà a concedere il termine minimo e, in questo caso, la disposizione sarà quasi neutralizzata, posto che un termine di 60 gg. non è troppo distante da quello che il tribunale impiegava, il più delle volte, ad emettere il decreto ex art. 162 o ex art. 163 l.fall., con la differenza, in positivo, che può controllare la gestione del periodo pretendendo una seria informativa e può anche, negando l’autorizzazione, impedire il compimento di atti di straordinaria amministrazione che potrebbero apparire pregiudizievoli (anche se così si apre un capitolo delicato – già enunciato a proposito dell’art. 167 l.fall. - e cioè in che modo l’autorizzazione negata possa poi riflettersi sulla fattibilità del piano);
iii) il debitore dopo il deposito del ricorso quando si rivolge al tribunale per chiedere di essere autorizzato al compimento di certi atti deve necessariamente motivare la richiesta e per motivarla deve fornire una sommaria indicazione del piano e della proposta, sì che la domanda anche per questo non potrà che essere arricchita.
Pertanto il perimetro dei poteri del giudice costituisce il limite del contenuto della domanda. Quanto più il debitore vuole utilizzare le potenzialità del nuovo concordato (pagamenti di debiti pregressi nel caso di continuità imprenditoriale, contrazione di finanziamenti prededucibili, scioglimento dai contratti pendenti onerosi, etc...), tanto più dovrà necessariamente predisporre una domanda, o successive provvisorie integrazioni, che consentano al giudice di intervenire con consapevolezza.
In particolare, in funzione di ottenere dal giudice i provvedimenti di carattere autorizzativo spendibili per la gestione dell’impresa nella proiezione della proposta da presentare ai creditori è ragionevole che l’imprenditore assuma i seguenti comportamenti:
a) quando è presentata la richiesta di autorizzazione per il compimento di un atto di straordinaria amministrazione il debitore deve offrire gli elementi per consentire al giudice di valutare se l’atto richiesto è, davvero, di straordinaria amministrazione e ciò in quanto mentre l’atto autorizzato dal giudice gode di un regime di prededuzione intangibile, l’atto di ordinaria amministrazione, per il quale la gestione è affidata all’imprenditore, gode di un regime di protezione purché si tratti di atto legalmente compiuto. Infatti, il regime della prededuzione sembra presupporre una doppia verifica: i) dovrà trattarsi di un credito sorto in base ad “atti legalmente compiuti”, il che porta a concludere che il regime di protezione della prededuzione assiste il credito che deriva dall’atto di ordinaria amministrazione quando si dimostra la coerenza dell’atto di gestione al piano o alla proposta (nel senso che, invece, un atto dissonante non è legalmente compiuto perché viola il principio di segregazione patrimoniale), oppure il compimento di un atto che avrebbe dovuto essere autorizzato dal giudice, oppure che l’atto non sia stato posto in essere proprio al solo ed esclusivo scopo di
 creare un regime di preferenza; ii) dovrà trattarsi di un credito che essendo sorto fra la domanda e l’ammissione e dunque al di fuori di una procedura concorsuale (che si apre solo col decreto di ammissione ai sensi dell’art. 163 l.fall.), meriti il trattamento prededucibile in virtù di un nesso di funzionalità con la procedura. La maggior garanzia per i terzi è costituita dal fatto che la prededuzione (e l’esenzione dalla revocatoria) competono anche quando non vi sia stata l’ammissione al concordato;
b) se il debitore presenta la richiesta di autorizzazione allo scioglimento di un rapporto in corso (per la prima volta nel concordato preventivo compare una disciplina dei contratti pendenti), deve rappresentare le ragioni dell’istanza e quindi le ripercussioni del contratto sull’esito del concordato (concordato che, quindi, dovrà essere almeno delineato nei suoi punti cardine) e anche il presumibile “costo” per effetto dell’indennizzo, pur concorsualizzato, da riconoscere al contraente in bonis. Il debitore, infatti, nel ricorso può chiedere che il tribunale (nella fase di limbo) lo autorizzi a sciogliersi da uno o più contratti pendenti (o, preliminarmente a sospenderne provvisoriamente l’esecuzione per un periodo di non più di 60 gg. prorogabili). In caso di difetto di autorizzazione si potrà porre un problema di fattibilità del piano;
c) nello spirito del decreto-legge c.d. “Sviluppo” un’attenzione speciale è stata posta per favorire la continuità dell’impresa e ciò presuppone, da un lato, la facoltà del debitore di poter soddisfare anche crediti pregressi di natura concorsuale (v. art. 182 quinquies 4° co.l.fall.) e dall’altro lato la possibilità di richiedere finanziamenti, eventualmente anche garantiti (previsione che non concerne i soli concordati in continuità ma che è a questi elettivamente rivolta). In ambedue i casi l’imprenditore deve presentare un’attestazione specifica volta a comprovare che da queste operazioni ne sortirà un risultato migliore per tutti i creditori (e non solo non pregiudizievole, formula che compare nell’art. 104 l.fall.). Il fatto che sia richiesta un’attestazione specifica pone il legittimo dubbio se, allora, quest’attestazione non debba essere preceduta o accompagnata da una pre-attestazione sull’intero piano, posto che altrimenti sarà sommamente difficile per il tribunale valutare la coerenza dell’operazione economica richiesta.

V. Dalla domanda “prenotativa” germinano gli effetti protettivi di cui all’art. 168 l.fall.
L’automatic stay prende avvio dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, ciò che per vero dovrebbe comunque accadere entro il giorno successivo.
Il divieto di iniziare o coltivare le azioni esecutive si estende alle azioni cautelari; si tratta di un chiarimento decisamente opportuno, anche se talora già raccolto in chiave interpretativa, che va inteso nel senso che non solo le misure cautelari non possono essere eseguite, ma quando ci si riferisce al termine azioni cautelari si deve avere riguardo anche all’iniziativa e pertanto il giudice della cautela deve arrestare il processo e non concedere la misura.
Ed ancora, sin dalla domanda proposta in virtù del 6° co., si sterilizzano, ai fini del concordato, le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Dalla data di deposito della domanda (l’art. 169 l.fall. non è mutato) si generano determinati effetti sui crediti pregressi, fra i quali il blocco degli interessi. Ma la misura sicuramente più invasiva è quella dell’applicazione sin da quel momento della regola di opponibilità degli atti stabilita nell’art. 45 l.fall. e richiamata nell’art. 169. Il tema è molto delicato, ad esempio con riguardo ai rapporti bancari dai quali sortiscono crediti autoliquidanti.
Infatti, laddove non vi sia stata, unitamente alla cessione di credito da parte del debitore a favore della banca quale corrispettivo dell’anticipazione ricevuta anche la notificazione della cessione, il credito nei confronti del terzo dovrebbe intendersi rimesso nell’esclusiva disponibilità del debitore, con conseguente credito concorsuale della banca per le anticipazioni erogate. E, ad intorbidire ancor di più la questione, sorgono i duplici problemi del considerare l’anticipazione conservata post-domanda come un finanziamento nuovo da autorizzare e, per converso, del considerare il rapporto come “in corso” e dunque soggetto a possibile scioglimento in forza dell’art. 169 bis l.fall.
Una sorta di labirinto dal quale è arduo districarsi. Procedendo con ordine si può osservare:
a) l’inopponibilità di cui all’art. 45 l.fall. quando si applica al concordato è una misura protettiva compatibile col sistema solo se si costruisce la procedura di concordato preventivo come volta a costituire un patrimonio segregato; se si condivide questa lettura, il soggetto protetto dalla disposizione non è il debitore ma sono i creditori e, dunque, il debitore non può rinunciare ad avvalersi della clausola di opponibilità;
b) pertanto, per i rapporti non opponibili non si può far questione di prosecuzione o di scioglimento, ed il rapporto cede rispetto alla procedura di concordato;
c) i pagamenti effettuati dai terzi a favore della banca anticipante possono essere considerati efficaci esclusivamente ove siano qualificabili, nei concordati in continuità, come essenziali per il miglior risultato di tutti i creditori;
d) le anticipazioni concesse dopo la pubblicazione della domanda vanno considerate alla stregua di finanziamenti e come tali vanno autorizzati dal tribunale;
e) per i soli rapporti giuridici in corso derivanti da atti opponibili, il debitore può chiedere di essere autorizzato a sciogliersene.
Ciò posto gli effetti che conseguono alla domanda semplificata cedono al cospetto della mancata ammissione al concordato (salvo che per gli atti legalmente compiuti, e ciò per dare certezza e stabilità al rapporto creatosi) e questa inefficacia si produce ex tunc.
La soluzione del travolgimento retroattivo degli effetti trova giustificazione nel fatto che in caso di mera pubblicazione della domanda di concordato, un divieto non confermato da un provvedimento giudiziale successivo deve venir meno in radice per non penalizzare i creditori di fronte a condotte “emulative” del debitore.
Sempre a seguito di domanda semplificata si producono ulteriori importanti effetti.
Tutte le regole societarie in tema di conservazione del capitale sociale sono sospese sino all'omologazione; specificatamente non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482 ter c.c.. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545 duodecies c.c. Resta ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione dell'articolo 2486 c.c.
Per i concordati in continuità non sono efficaci e non possono essere opposte le clausole contrattuali che prevedano che l’ammissione di un contraente al concordato preventivo comporti la perdita dell’affare, anche in relazione a contratti pubblici; così pure non sono efficaci i limiti posti alla partecipazione a gare pubbliche per le imprese in concordato e in continuità quando vi sia una garanzia duplice costituita dall’attestazione di un esperto e dalla condivisione dell’operazione da parte di altro imprenditore titolato.
VI. Il procedimento è snello e privo di formalità. Alla domanda presentata può seguire un immediato provvedimento del giudice che accorda il termine, oppure può seguire un decreto di convocazione del debitore per assumere informazioni in merito alla tempistica dello sviluppo del procedimento, potendo il giudice concedere un termine minimo e massimo.
Il decreto di fissazione del termine può essere modulato, indifferentemente, a giorni o a data fissa. Non è previsto che sia autonomamente pubblicato sul registro delle imprese.
La domanda “prenotativa” può essere presentata anche quando sia già pendente un procedimento per dichiarazione di fallimento; in tal caso si assottigliano, ma non di molto, i termini per il completamento (solo sessanta giorni, prorogabili; termine più breve che non pare debba essere accorciato ove i ricorsi per fallimento sopravvengano alle domande ex 6° co.).
Nei termini fissati dal giudice il debitore, in alternativa al deposito del piano e della proposta, può chiedere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con saldatura degli effetti al momento della proposizione del ricorso ai sensi del 6° co. dell’art. 161.
Tuttavia, poiché gli effetti protettivi di cui agli artt. 168 e 169 sono più ampi di quelli dell’art. 182 bis , in caso di passerella dalla proposta di accordo al concordato, si conservino gli effetti tipici comune ad ambedue gli strumenti ma si perdono, retroattivamente, quelli declinati nell’art. 169 (ciò rileva e molto, per il richiamo all’art. 45).

VII. Il tribunale, investito del ricorso ai sensi del 6° co., oltre al naturale provvedimento di fissazione del termine, può adottare altre tipologie di statuizioni.
Infatti, prima ancora di concedere il termine, deve valutare la propria competenza e quando non la riconosca, deve dichiararsi incompetente con decreto.
Parimenti, in base ai documenti forniti il tribunale può dichiarare inammissibile la domanda sia quando rilevi che manca un requisito formale (ad esempio la delibera dell’organo amministrativo, sempre che non chieda un’integrazione secondo un principio di leale collaborazione non avulso dal diritto positivo e dall’art. 182 c.p.c.); sia quando accerti che il debitore è “recidivo”; sia quando manchi lo stato di crisi o l’imprenditore non abbia i requisiti per essere assoggettato a fallimento (o ad altra procedura concorsuale) in virtù della non commercialità dell’impresa o del trovarsi il debitore sotto le soglie disegnate nell’art. 1 l.fall.
Una volta superate queste barriere il tribunale fissa il termine, e, sin da subito adotta, in via officiosa, le misure atte a sorvegliare l’andamento dell’impresa nel periodo di limbo, pur se, come si è accennato, in assenza di una qualsivoglia informativa contenuta nel ricorso gli obblighi imposti, se si vuol essere rispettosi dell’autonomia del debitore, non potranno essere invasivi.
Questi obblighi informativi che possono essere imposti al debitore vanno identificati a seconda della singola domanda e, in generale, consistono nella richiesta:
i) di deposito, se non già avvenuto, di una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata;
ii) di deposito di una relazione di periodo di aggiornamento;
iii) di rappresentazione del compimento degli atti di ordinaria amministrazione.
Ove, poi, della domanda si chieda anche una qualche autorizzazione, il giudice assumendo informazioni può chiedere al debitore:
iv) di fornire ulteriori documenti o spiegazioni in merito alla richiesta avanzata;
v) di rappresentare, almeno sommariamente il percorso del concordato e ciò al fine di valutare la coerenza della richiesta con il fine della procedura.

La violazione delle prescrizioni informative è causa che legittima il tribunale ad adottare immediatamente il decreto di inammissibilità ai sensi dell’art. 162 l.fall., previa instaurazione del contraddittorio col debitore. Se mai si tratta di valutare quali conseguenze possano determinarsi per effetto di adempimenti solo parziali agli obblighi informativi ovvero se in presenza di certe informazioni il tribunale possa arrestare la procedura (cfr., infra in questo §).
Poiché il diritto positivo stabilisce che la domanda prenotativa è compatibile col procedimento pre-fallimentare ad esso potendo giustapporsi, v’è da chiedersi quali provvedimenti il tribunale possa adottare per coordinare i due procedimenti. Nel momento in cui si ammette che la domanda può essere presentata in costanza di procedimento ex art. 15 l.fall., inevitabilmente si riconosce che la decisione sulla richiesta di fallimento è posposta alla domanda di concordato (secondo un variegato strumentario di tattiche processuali che vanno dal coordinamento dei procedimenti, alla sospensione o alla declaratoria di improcedibilità).
In tale cornice, benché già da taluno adombrato, dovrebbe escludersi che il giudice possa adottare provvedimenti conservativi a tutela dell’impresa (quelli descritti nell’art. 15, 8° co. l.fall.), posto che le misure protettive discendono, già, dai riflessi di cui agli artt. 168 e 169 l.fall., conditi dal meccanismo delle autorizzazioni ex art. 161 l.fall.
Nel procedimento che si snoda secondo lo stilema dei giudizi camerali la nozione di sommarie informazioni che il giudice può assumere è così ampia che non si può escludere che nel periodo di osservazione il tribunale possa nominare un proprio consulente tecnico; si tratta di una misura che, però, andrebbe disposta solo in presenza di sospetti sull’inadeguatezza delle risposte agli obblighi informativi periodici disposti dal giudice.
Secondo alcune prime letture durante il periodo di limbo il tribunale potrebbe provvedere, in analogia a quanto previsto nell’art. 173 l.fall., a revocare il beneficio del termine e conseguentemente a dichiarare inammissibile la domanda qualora riscontri l’impossibilità del debitore di confezionare una proposta ed un piano ammissibili. Pur se una lettura di questo tenore meriti di essere giustificata in quanto assunta in funzione di protezione degli interessi dei creditori e dei terzi, non sembra al fondo condivisibile in quanto prima che una proposta sia formulata non si può stabilire preventivamente che sia impossibile presentarla; ciò non fosse altro per il fatto che l’assoluta flessibilità della proposta consente, in estrema ratio, di ipotizzare un concordato nel quale vi sia la previsione di un soddisfacimento integrale di solo qualche creditore, ferma restando la verosimile non appetibilità della proposta e, quindi, la probabile non approvazione dei creditori.
Alla scadenza del termine fissato, salvo che la declaratoria di inammissibilità non sia stata disposta per violazione delle prescrizioni informative, il tribunale può:
a) ammettere l’impresa al concordato;
b) convocare l’imprenditore avvalendosi del potere di cui all’art. 162 1° co. l.fall.;
c) dichiarare la domanda inammissibile perché non seguita da piano, proposta e attestazione;
d) dichiarare la domanda inammissibile perché manca qualcuno dei requisiti previsti negli artt.161 e 162 l.fall.
VIII. Si dice che il “Mercato” volesse questo. Una volta che così è stato è ragionevole prevedere che la domanda prenotativa assorbirà largamente il pre-accordo di cui all’art. 182 bis l.fall., non scontando di quello le complicazioni processuali e il rischio di una valutazione negativa dei creditori e del giudice. Ma è anche assai probabile che la domanda completa tenderà ad evaporare e che molti, se non tutti, si rifugeranno al riparo del ricorso ex 6° co.
Si tratta di capire, ora, se questo strumento anticipato (che taluno sembra vedere al modo di un gadget) sia utilizzato secondo canali virtuosi e tali, dunque, da far emergere con più tempestività la crisi o se prevarranno le torsioni e gli usi viziati.
E, in una classica eterogenesi dei fini, oggi non si può escludere di assistere ad una proiezione giudiziale di questo modello di procedimento, là dove i poteri del giudice possono soverchiare, con un uso autoritario delle autorizzazioni (basti riflettere sul sentore di chi adombra un interventismo sulla designazione dell’attestatore quale atto di straordinaria amministrazione e perciò da autorizzare), la pretesa maggiore negozialità.
Occorre, ora, attendere le prime esperienze e auspicare l’intensificazione di un proficuo dialogo fra magistratura eprofessionisti che assistono i debitori in crisi, scevro da ideologismi e corroborato dal bisogno, ineludibile, di aiutare tutti il nostro Paese ad uscire dalla crisi economica che ogni giorno miete vittime con la chiusura delle imprese.
25 settembre 2012    Sezione II – Dottrina e opinioni

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