giovedì 17 novembre 2011

MOTIVI DELL'OPPOSIZIONE


Quando un intestatario di fattura ovvero presunto debitore riceve un ingiunzione di pagamento, ovvero un titolo esecutivo, oppure un precetto ovvero un ordine di esecuzione forzata, deve avere ben presente i casi previsti dalla legge per far valere le sue legittime ragiomi di opposizione, in seguito riassunti. 





I gravi motivi richiesti per sospendere l'efficacia esecutiva del titolo

  
Sabato 29 Novembre 2008 15:52
In caso di opposizione all'esecuzione, la sospensione, su istanza di parte, dell'efficacia esecutiva del titolo presuppone la sussistenza di “gravi motivi” (art. 615, co. 1, cpc), da valutarsi con riferimento alla serietà dell’opposizione ed alla probabilità che questa sia accolta, non essendo di per sé sufficiente prospettare il pericolo che l’esecuzione stessa possa arrecare al debitore un danno irreversibile senza garanzia di adeguato risarcimento nel caso in cui l’opposizione sia riconosciuta fondata.

Dispositivo dell'art. 183 Codice di Procedura Civile

All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudiceistruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo 102, secondo comma, dall'art. 164, secondo, terzo e quinto comma, dall'art. 167, secondo e terzo comma, dall'articolo 182 e dall'articolo 291, primo comma.(1) Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione. Il giudice istruttore fissa altresi' una nuova udienza se deve procedere a norma dell'art. 185. Nell'udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.(2) Nella stessa udienza l'attorepuò proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto (3). Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate (4) (5). Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori(6): 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni gia' proposte; 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Salva l'applicazione dell'articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l'udienza di cui all'articolo 184 per l'assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza, questa deve essere pronunciata entro trenta giorni. Nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova con l'ordinanza di cui al settimo comma, ciascuna parte puo' dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi nonche' depositare memoria di replica nell'ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere ai sensi del settimo comma. Con l'ordinanza che ammette le prove il giudice puo' in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti; all'interrogatorio disposto dal giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui al terzo comma. L'ordinanza di cui al settimo comma e' comunicata a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi al deposito, anche a mezzo telefax, nella sola ipotesi in cui il numero sia stato indicato negli atti difensivi, nonche' a mezzo di posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli atti.





Dispositivo dell'art. 182 Codice di Procedura Civile

Il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi (1). Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termineperentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza (2), o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione (3) (4).

Dispositivo dell'art. 184 Codice di Procedura Civile

Nell'udienza fissata con l'ordinanza prevista dal settimo comma dell'articolo 183, il giudice istruttore procede all'assunzione deimezzi di prova ammessi.

Dispositivo dell'art. 185 Codice di Procedura Civile

Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Il giudice istruttore ha altresì facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell'articolo 117. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell'articolo 116. Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione (1). Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa[disp. att. 88]. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.(2)

Note

(1) La rinnovazione del tentativo durante l'istruzione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che valuterà le eventuali nuove probabilità di successo dell'esperimento. Il tentativo non può essere compiuto oltre la rimessione della causa al collegio [v. 189]. È ammesso per la fase d'appello, come espressamente sancito dall'art. 350, comma 3 novellato, mentre è escluso, per la sua natura di giudizio sulla sola legittimità e non sul fatto, nel giudizio di Cassazione. In tale ultimo caso, l'eventuale bonario accordo raggiunto tra le parti autonomamente comporterà la conclusione del giudizio ma per cessazione della materia del contendere, essendosi ottenuta una soddisfazione, per entrambe le parti, stragiudiziale.

(2) L'avvenuta conciliazione delle parti produce come effetto la chiusura del processo. È prassi l'emanazione di una ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo ovvero di una formale dichiarazione di estinzione del giudizio in corso, pur ritenendosi che la conciliazione determini ipso iure la conclusione della lite. Dell'avvenuta conciliazione si redige processo verbale [v. 126], disciplinato, nelle sue formalità, dettagliatamente dall'art. 88 disp. att. Per la competenza conciliativa del giudice di pace [v. 322].

Dispositivo dell'art. 186 bis Codice di Procedura Civile

Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite (2). Se l'istanza è proposta fuori dall'udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia (3) in caso diestinzione del processo. L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma (4).


Dispositivo dell'art. 187 Codice di Procedura Civile

Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio [disp. att. 80bis] (1). Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente unaquestione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio [disp. att. 112bis]. Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito (2). Qualora il collegio provveda a norma dell'articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all'articolo 183, ottavo comma, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui (3) (4). Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.

Note

(1) In tal caso, il giudice, ritenendo la causa matura per la decisione senza la necessità di assumere alcun mezzo di prova, si limiterà a svolgere la sola attività preparatoria [v. 180 e ss.]. Ad es. nelle ipotesi in cui il giudice abbia ritenuto le istanze istruttorie presentate superflue [v. 209] o inammissibili o irrilevanti [v. 184] ovvero la lite possa essere decisa sulla base dei documenti prodotti ovvero ancora quando si debbano risolvere solo questioni di diritto, non essendo i fatti di causa controversi.
(2) La valutazione del giudice istruttore quanto alle questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito non vincola in alcun modo il collegio, che può disattenderla, riaprendo l'istruttoria [v. 279 2, n. 4].
(3) Comma così sostituito dall'art. 22, l. 26-11-1990, n. 353, in vigore dal 30-4-1995. Si riporta di seguito il testo del 4° comma anteriormente vigente: «Se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti dalle parti, ordina gli altri mezzi che può disporre d'ufficio, tranne quelli riservati al collegio, e a meno che non ritenga opportuno rimettere le parti al collegio per la sola decisione della questione relativa alla ammissibilità o alla rilevanza dei predetti mezzi di prova. In tal caso il giudice assegna alle parti termini per la comunicazione di memorie. Per la decisione del collegio si osservano i commi sesto e settimo dell'art. 178».
(4) La norma precedente alla riforma del 1990 concedeva al giudice istruttore il potere di rimettere le parti al collegio anche per la sola decisione della questione relativa alla ammissibilità o alla rilevanza dei mezzi di prova proposti dalle parti o disponibili d'ufficio. Tale soppressione è stata causata dalla nuova formulazione delle deduzioni istruttorie [v. 184] e dalla modifica dell'art. 178, che ha eliminato il reclamo al collegio avverso le ordinanze istruttorie in materia di prove.



Dispositivo dell'art. 188 Codice di Procedura Civile

Il giudice istruttore provvede all'assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell'articolo seguente [disp. att. 110] (1).

Dispositivo dell'art. 190 Codice di Procedura Civile

Le comparse conclusionali debbono essere depositate (2) entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi. Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni.

Note

(2) Il deposito delle comparse e delle memorie ha luogo in cancelleria, in un originale in carta bollata da inserire nel fascicolo di parte insieme ad alcune copie destinate alla controparte, al fascicolo d'ufficio ed ai componenti del collegio. La comunicazione di comparse e memorie è rivolta alle parti costituite in giudizio nonché al Pubblico Ministero interveniente ex art. 70.

Dispositivo dell'art. 345 Codice di Procedura Civile

Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata (2), nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa (3) (4). Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d'ufficio(5) (6). Non sono ammessi nuovi mezzi di prova (7) (8) e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.(9). Può sempre deferirsi il giuramento decisorio (10).

Note

(2) Il divieto di proporre domande nuove ha carattere assoluto, avendo la funzione di garantire la piena attuazione del principio del doppio grado di giurisdizione. Ove tali domande siano proposte, il giudice d'appello non potrà conoscerne, ma dovrà limitarsi ad emettere una pronuncia declinatoria di rito, dichiarandole, d'ufficio, inammissibili, senza entrare nel merito, anche se la controparte abbia accettato il contraddittorio su di esse o non ne abbia contestato il fondamento. La declaratoria di inammissibilità, in quanto pronuncia di rito, non preclude comunque la riproponibilità della domanda in un autonomo e separato giudizio di primo grado. Il divieto de quo opera anche per la parte rimasta contumace in primo grado, salva la sua rimessione in termini [v. 294] ove ne ricorrano i presupposti. Non rientrano nel divieto di domande nuove in appello la richiesta di restituzione di quanto sia stato eventualmente corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado né le domande proposte dai terzi intervenuti ex art. 344. Esulano, infine, dall'ambito di applicazione della norma le ipotesi in cui la stessa legge consenta di derogare al divieto. Si pensi, ad esempio, all'art. 1453, comma 2 c.c. che consente di mutare in risoluzione l'originaria domanda di adempimento. A tale ultimo riguardo, però, la giurisprudenza ha precisato che il mutamento è consentito a condizione che non comporti una modificazione della causa petendi attraverso la deduzione di nuovi fatti costitutivi.
(3) Tali domande, infatti, si considerano solo parzialmente nuove in quanto collegate con i fatti dedotti in primo grado e con le domande ivi proposte, delle quali costituiscono lo svolgimento logico e cronologico. La giurisprudenza, nell'aderire a tale interpretazione, ha precisato che la domanda per gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza, avendo ad oggetto un credito di valuta, soggiacente in quanto tale al principio nominalistico, è ammissibile soltanto se in primo grado sia stata proposta analoga domanda per i frutti, naturali e civili, maturati fino alla pronuncia della sentenza impugnata.
(4) In ordine al risarcimento dei danni, la giurisprudenza distingue il debito di valuta (es.: quello avente ad oggetto il risarcimento del maggior danno da svalutazione ex art. 1224, comma 2 c.c.) dal debito di valore (es.: quello avente ad oggetto il risarcimento del danno da illecito extracontrattuale). Il primo soggiace al principio nominalistico, per cui la domanda volta ad ottenerne il pagamento è ammissibile in appello a condizione che analoga domanda sia stata proposta nel giudizio di primo grado per il danno maturato fino alla pronuncia della sentenza. Per il pagamento del debito di valore, invece, la rivalutazione, avendo una funzione di giusta integrazione patrimoniale, può essere liquidata dal giudice di appello anche d'ufficio. Questi, infatti, dovendo condannare l'autore dell'illecito ad una somma corrispondente all'attuale valore del bene leso, dovrà liquidare il danno tenendo conto delle variazioni che il prezzo del bene ha subìto nel frattempo.
(5) Non è ammissibile, invece, la domanda di risarcimento dei danni prodotti da fatti posteriori alla sentenza che non siano direttamente ricollegabili ai fatti lesivi dedotti nel giudizio di primo grado. La pretesa risarcitoria avente ad oggetto tali danni dovrà essere fatta valere in un autonomo e separato giudizio.
(6) Il divieto opera, cioè, per le sole eccezioni in senso stretto, ossia per i fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto affermato dall'attore, la cui deduzione sia rimessa all'iniziativa del convenuto (es.: eccezione di compensazione, ex art. 1242 c.c.; di annullamento, ex art. 1442 c.c.; di rescissione ex art. 1449 c.c.). Non opera, invece, per le c.d. eccezioni improprie o mere difese, che consistono nella semplice negazione dei fatti costitutivi dedotti dall'attore a fondamento della propria pretesa. Né si applica, analogamente a quanto visto per il divieto di nuove domande, al terzo interveniente nel giudizio di appello ex art. 344.
(7) La giurisprudenza ammette, pacificamente, la proposizione delle eccezioni riconvenzionali, le quali, pur ampliando il tema della controversia, non mirano, come la domanda riconvenzionale, alla pronuncia di un provvedimento favorevole che attribuisca un bene determinato in contrapposizione al provvedimento richiesto dalla controparte con la domanda principale. Esse, infatti, tendono unicamente alla pronuncia di unprovvedimento di rigetto della domanda attraverso la deduzione di un diritto idoneo a paralizzare quello fatto valere dall'attore.
(8) Si considera nuova anche la prova diretta alla dimostrazione di un fatto che già in primo grado è stato oggetto di accertamento, ma mediante un mezzo istruttorio diverso da quello richiesto nel giudizio di appello. Ad esempio, la prova testimoniale è ritenuta nuova quando abbia ad oggetto circostanze che in prima istanza abbiano formato oggetto di prova documentale o per la cui dimostrazione siano stati dedotti soltanto elementi presuntivi.
(9) Prima della riforma, nel silenzio della norma si riteneva generalmente ammissibile la produzione di nuovi documenti. Ora la norma chiarisce che non possono essere prodotti nuovi documenti, tranne nelle ipotesi descritte.
(10) La dottrina ritiene altresì ammissibili il giuramento suppletorio (deferito dal giudice quando, in sede di decisione, egli ritenga che le prove raccolte non siano sufficienti a formare il suo convincimento) e quello estimatorio (deferito dal giudice quando sia impossibile determinare con altri mezzi il valore di una cosa).


Giuramento decisorio



si ha (--) quando una parte sfida l'altra a giurare sulla verità di fatti a questa favorevoli, facendo dipendere la decisione totale o parziale della causa dal giuramento medesimo.

Errore di fatto




Errore di fatto: gli errori di fatto attengono alla divergenza tra la ricostruzione della vicenda operata nella sentenza e lo svolgimento della stessa come processualmente accertata: il gravame, in tal caso, si risolve in un nuovo esame delle risultanze processuali attinenti al fatto, mediante l'eventuale acquisizione di nuovi mezzi di prova (rinnovazione dell'istruzione dibattimentale). Va precisato che la violazione delle regole della logica, nella interpretazione e ricostruzione degli elementi di fatto integra, invece, un vizio di motivazione della sentenza, e quindi un vizio di legittimità, che può costituire oggetto anche di un ricorso per Cassazione.


Dispositivo dell'art. 395 Codice di Procedura Civile

Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado (1), possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (2); 2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; 3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario; 4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare (3); 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata [324], purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; 6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

Note

(1) Il riferimento alle sentenze emesse in unico grado va qui inteso in senso ampio comprendendo non solo le sentenze inappellabili ex lege, ma anche quelle per le quali sia decorso inutilmente il termine per promuovere l'appello, sempre che si tratti di revocazione straordinaria [v. 396]. Inoltre, ai sensi dell'art. 391bis, la revocazione per errore di fatto può avere ad oggetto anche le sentenze della Corte di Cassazione.
(2) La Corte cost., con sent. 20-2-1995, n. 51 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 395, prima parte e numero 1, c.p.c. «nella parte in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità che siano l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra».
(3) La Corte cost., con sent. 30-1-1986, n. 17, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 395 prima parte e n. 4, «nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione rese su ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 e affette dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395». La Corte cost., con sent. 20-12-1989, n. 558, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 395, prima parte e n. 4 «nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato»; la Corte ha inoltre dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 395 prima parte e del n. 4, ai sensi dell'art. 27 l. 11-3-1953, n. 87, «là dove non prevede la revocazione per errore di fatto per i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità emessi sui medesimi presupposti». La Corte cost., con sent. 31-1-1991 n. 36, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 395, n. 4, «nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio».


Dispositivo dell'art. 420 Codice di Procedura Civile

Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti (1) e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione (2). Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice (3). Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale (4), il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione. Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo (5). Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgonoquestioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo (6). Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima (7), se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile (8), fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima concedendo alle parti ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive. Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni (9). Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione. L'assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi (10). Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione (11). Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416. A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio (12). Le udienze di mero rinvio sono vietate(13).

Note

(1) L'interrogatorio in esame si differenzia da quello formale [v. 228] (di cui ne resta comunque salva l'ammissibilità), in quanto non è diretto a provocare la confessione giudiziale, ma ad acquisire ulteriori elementi di valutazione, definendo meglio il tema decisionale. Nonostante l'obbligatorietà, la sua omissione non determina nullità della sentenza.
(2) La mancata comparizione di cui alla norma in esame, si riferisce alle parti intese in senso «personale», onerate a rispondere all'interrogatorio libero [v. 117] e non va, pertanto, confusa con la mancata comparizione di cui agli artt. 181 e 309, che si riferisce alle parti in senso «tecnico», rappresentate cioè dal procuratore «ad litem». L'applicabilità al rito del lavoro degli artt. 181 e 309 è peraltro controversa.
(3) Si tratta della emendatio libelli; non è invece ammessa la mutatio libelli, ossia il mutamento dell'oggetto della domanda, sia perché l'udienza è (tendenzialmente) unica, sia perché si comprometterebbe la speditezza del processo.
(4) È dubbio se possa essere nominato procuratore lo stesso difensore tecnico.
(5) Il presente verbale di conciliazione, a differenza di quello di cui all'art. 411, è titolo esecutivo di per sé, e non necessita del decreto del giudice.
(6) Si discute se, come avviene nel rito ordinario ai sensi dell'art. 189, il giudice sia investito di tutta la causa, anche quando la rimessione abbia ad oggetto soltanto questioni preliminari e pregiudiziali.
(7) Il giudice può disporre l'assunzione non soltanto dei mezzi di prova proposti dalle parti, ma anche di quelli che ritenga opportuno assumereex officio [v. 421].
(8) Si pensi, ad esempio, ad un testimone assente.
(9) Tale termine può essere concesso solo per i mezzi di prova nuovi, ma non per quelli richiesti nell'atto introduttivo del giudizio, in ordine ai quali il convenuto può controdedurre con la memoria ex art. 416.
(10) In realtà è difficile che la nuova udienza venga fissata nei giorni feriali immediatamente successivi; spesso il rinvio avviene a distanza di settimane o mesi.
(11) Alla chiamata in causa del terzo il convenuto deve provvedere nella memoria difensiva; l'attore, invece, può effettuare tale chiamata in udienza, ove tale esigenza si renda necessaria a seguito delle difese svolte dal convenuto. L'ordine di chiamata, infine, può essere emesso d'ufficio dal giudice in qualunque momento. Quest'ultima tesi non è tuttavia pacifica in dottrina, salvo naturalmente che per il litisconsorzio necessario.
(12) L'ufficio provvede alle notificazioni e alle comunicazioni soltanto in relazione alla chiamata del terzo prevista nei commi precedenti. Così, ad esempio, la citazione dei testimoni rimane un atto riservato all'impulso della parte interessata, secondo quanto previsto dall'art. 250.
(13) La giurisprudenza ha interpretato tale disposizione (fondamentale per l'accelerazione dell'iter processuale) in modo non rigoroso, per cui anche la pendenza di trattative stragiudiziali di bonario componimento costituisce motivo che giustifica il rinvio non mero dell'udienza di discussione.

Note

(1) Parte della dottrina ritiene tale norma priva di effettiva importanza, poiché essa viene assorbita dalle disposizioni contenute negli articoli 202 e seguenti.

APPENDICE
LIBRO I°
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO IV
Dell'esercizio dell'azione
Art. 99 Principio della domanda (codice procedura civile)

Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente.


Art. 100 Interesse ad agire (codice procedura civile)

Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.


Art. 101 Principio del contraddittorio (codice procedura civile)

Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.


Art. 102 Litisconsorzio necessario (codice procedura civile)

Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.


Art. 103 Litisconsorzio facoltativo (codice procedura civile)

Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni.
Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza.


Art. 104 Pluralità di domande contro la stessa parte (codice procedura civile)

Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse, purché sia osservata la norma dell'art. 10, secondo comma.
È applicabile la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente.


Art. 105 Intervento volontario (codice procedura civile)

Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.
Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.


Art. 106 Intervento su istanza di parte (codice procedura civile)


Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita.


Art. 107 Intervento per ordine del giudice (codice procedura civile)

Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento.


Art. 108 Estromissione del garantito (codice procedura civile)

Se il garante compare e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso.


Art. 109 Estromissione dell'obbligato
(codice procedura civile)

Se si contende a quale di più parti spetta una prestazione e l'obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, può estromettere l'obbligato dal processo.

Art. 110 Successione nel processo (codice procedura civile)

Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto.


Art. 111 Successione a titolo particolare nel diritto controverso (codice procedura civile)

Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.
Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto.
In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso.
La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione.





Quesito numero 2023
Avv. Lia Grignani, venerdì 7 gennaio 2011 , chiede:
La concessione dei termini è obbligatoria per l'Istruttore, sull'unico e semplice presupposto della richiesta di una delle parti, ancorché la causa sia manifestamente documentale ed esaustivamente istruita fin dall'atto introduttivo? Grazie.
Risposta della redazione di Brocardi.it, al quesito N°2023 del venerdì 7 gennaio 2011 :
L' art. 183 del c.p.c. reca l'inciso “se richiesto, il giudice concede alle parti". Tale espressione va interpretata, secondo l'opinione assolutamente prevalente, nel senso che la concessione dei tre termini previsti dalla norma non è subordinata ad alcuna autorizzazione o valutazione da parte del giudice. Altresì, dottrina autorevole ritiene che la richiesta unilaterale di una sola delle parti del giudizio giovi anche all'altra.

Ci si può chiedere, tuttavia, se il giudice istruttore sia obbligato a concedere i suddetti termini anche nel caso in cui ritenga la causa matura per la decisione.
Interpretando letteralmente l'art. 183, comma sesto c.p.c., il giudice non sembra avere margini di discrezionalità. Avendo riguardo, però, all'art. 80 disp. att. c.p.c. (“La rimessione al collegio, a norma dell’ art. 187 del c.p.c. , può essere disposta dal giudice istruttore anche nell’udienza destinata esclusivamente alla prima comparizione delle parti”) sembrerebbe che il giudice istruttore possa fissare direttamente l’udienza di precisazione delle conclusioni, nonostante la richiesta delle parti di concessione dei termini per le memorie. Secondo altra tesi, il giudice potrebbe fissare l’udienza di precisazione delle conclusioni e non concedere i termini solo quando l’emendatio della domanda o delle eccezioni sarebbe stata irrilevante ai fini della decisione della lite.
Quale che sia la posizione preferibile, si ritiene che laddove il giudice abbia deciso senza concedere i termini, la parte, impugnando la sentenza, debba sia eccepire la loro mancata concessione che specificare il pregiudizio causato dall’omissione nonché i fatti e le deduzioni che sarebbero state formulate (si veda in tal senso Cass. civ. n. 9169/2008, che decide su un giudizio svoltosi prima della riforma del 2006: “Qualora venga dedotto il vizio della sentenza di primo grado per avere il tribunale deciso la causa nel merito prima ancora che le parti avessero definito il "thema decidendum” e il “thema probandum”, l’appellante che faccia valere tale nullità – una volta escluso che la medesima comporti la rimessione della causa al primo giudice – non può limitarsi a dedurre tale violazione, ma deve specificare quale sarebbe stato il thema decidendum sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare ove fosse stata consentita la richiesta appendice di cui all’art. 183, comma 5, c.p.c., e quali prove sarebbero state dedotte, poiché in questo caso il giudice d’appello è tenuto soltanto a rimettere le parti in termini per l’esercizio delle attività istruttorie non potute svolgere in primo grado”).

Nella prassi, quando i procuratori delle parti chiedono concordemente la concessione dei termini di cui all'art. 183, comma sesto, c.p.c., il giudice automaticamente accoglie la richiesta.




Ricorso in opposizione a precetto ex artt. 615, co.1 e 618 - bis cpc

Tribunale Civile di [completare]
Sezione Lavoro
Ricorso in opposizione a precetto ex artt. 615, co.1 e 618 - bis cpc
per il/la Sig. / Sig.ra /Società [se si tratta di datore di persona giuridica inserire nome della società es. S.p.A. Rossi in persona del legale rappresentante pro tempore] elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. [inserire nome e cognome del legale], che lo/la rappresenta e difende giusta procura a margine[ovvero in calce] del presente atto,
parte opponente
contro
il/la Sig./Sig.ra [inserire nome del creditore], elettivamente domiciliato/a in [inserire città e via dello studio legale] presso lo studio dell’avv. [completare] che lo rappresenta e difende,
parte opposta
FATTO
Il /la Sig./ Sig.ra / Società [inserire nome e cognome della parte opponente] a mezzo del suo procuratore costituito in giudizio, espone quanto segue:
  • con atto di precetto notificato in data [completare con data in cui è avvenuta la notifica] il/la Sig./Sig.ra [completare con il nominativo della parte opposta] intimava al/alla Sig. / Sig.ra / Società [completare con il nominativo della parte opponente] di corrispondere l’importo di € [completare], a titolo di [completare], entro il termine di 10 giorni a decorrere dalla data di notifica dell’atto di precetto, con avvertenza che in difetto si sarebbe proceduto ad esecuzione forzata.
  • Parte opponente pertanto intende proporre con il presente atto opposizione all’esecuzione, contestando l’ammissibilità e la fondatezza del diritto della parte opposta di avviare azione esecutiva, alla stregua dei motivi che di seguito si illustrano: [indicare i motivi su cui si basa l’opposizione].
* * *
Tanto ritenuto, il/la Sig. / Sig.ra /Società [inserire nome e cognome della parte opponente]
RICORRE
all'Ill.mo Giudice adito, affinchè, previa fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, voglia accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia all'Ill.mo Giudice adito, ogni contraria istanza disattesa ed eccezione reietta, accogliere il presente ricorso e per l’effetto dichiarare l’infondatezza del diritto del/della Sig./Sig.ra [completare con il nominativo della parte opposta] di procedere ad esecuzione forzata con il giudizio intrapreso con l’atto di precetto notificato in data [inserire data di notifica precetto] con conseguenziale declaratoria di nullità e di improduttività di effetti giuridici ed adottare altresì tutti i provvedimenti del caso.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre IVA e CPA
Si producono i seguenti documenti [indicare i documenti prodotti].
[completare con luogo e data]
[inserire firma dell’Avvocato]

NOTE

  1. FINALITA’: questo tipo di atto viene utilizzato dal debitore a cui è stato notificato l’atto di precetto per contrastare il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata sui suoi beni. Con il deposito del ricorso in opposizione a precetto (presso la Sezione del Tribunale competente a decidere in materia di controversie di lavoro) il debitore da inizio ad un vero e proprio giudizio di cognizione, di conseguenza la sentenza che sarà resa dal giudice adito, potrà essere impugnata con i normali mezzi di impugnazione.
  2. FORMALITA’: il ricorso in opposizione va naturalmente redatto prima che l’esecuzione abbia inizio, vale a dire prima che siano trascorsi 10 giorni dalla notifica del precetto stesso.
  3. RIFERIMENTI NORMATIVI: Codice di procedura civile: dall’artt. 26, 615 e 618 – bis.
  4. RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI: Cass. Sez. Lav. n. 3316/02 ecc.




    11 gennaio 2011
    "RICORSO PER DECRETO INGIUNTIVO E TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE" - RM
    Ci si è chiesti, in differenti circostanze, se l'eventuale tentativo obbligatorio di conciliazione, da parte del legislatore, possa esser considerato condizione di procedibilità della domanda di ingiunzione (cfr., amplius,  "Il procedimento di ingiunzione", Cedam, Padova 2010); l'occasione, per effettuare un aggiornato punto della situazione in materia, è fornita dalla seguente, motivata, pronuncia del Tribunale di Torino, ove si legge che 
    “....il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 1 comma 11 l. 31 luglio 1997 n. 249non è condizione di procedibilità della domanda di ingiunzione proposta da una società esercente un servizio di telecomunicazione nei confronti di un utente.....”. 
    Tribunale Torino, sez. III, 02 dicembre 2005 - Giur. merito 2006, 7-8 1667 (NOTA)nota VACCARI 
    La sentenza de qua origina dalla seguente fattispecie concreta, “...il 16.2.05 il tribunale di Torino, su conforme ricorso della s.p.a. Telecom Italia Mobile, emetteva decreto ingiuntivo nei confronti della s.r.l. Nolo Più intimandole il pagamento della somma residua di euro 30.344,57, oltre accessori, quale corrispettivo delle prestazioni di fornitura di servizi di telecomunicazione mobile eseguite in suo favore di cui alle prodotte fatture. Al decreto notificato il 1.4.05 proponeva opposizione la s.r.l. Nolo Più con atto di citazione notificato il 4.5.05 chiedendone la revoca. Eccepiva l'improponibilità del ricorso per mancato esperimento del tentativo di conciliazione previsto ex art.1, 11 c., L. 31.7.1997 n. 249. Eccepiva l'incompetenza territoriale del tribunale di Torino in forza di clausola contrattuale che prevedeva la competenza esclusiva del tribunale di Roma; in alternativa allagava la competenza territoriale del tribunale di Modena. Contestava, nel merito, il credito di controparte e proponeva domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto e risarcimento danni nella somma di euro 30.000,00. Si costituiva in giudizio la s.p.a. Telecom Italia , incorporante la s.p.a. Telecom Italia Mobile, aderendo all'eccezione di incompetenza territoriale, ma contestando le eccezioni di improponibilità del ricorso e di merito dell'opponente ed eccependo l'incompetenza territoriale del giudice adito, a favore del tribunale di Roma, sulla domanda riconvenzionale dell'attore. Interveniva in giudizio la s.p.a. TIM Italia, subentrata a Telecom Italia quale incorporante della s.p.a. Telecom Italia Mobile, richiamando le conclusioni di parte convenuta.Precisate le conclusioni in epigrafe, la causa veniva assegnata a sentenza, viste le questioni pregiudiziali di rito, all'udienza di prima comparizione delle parti del 16.9.05, previa concessione dei termini ex art. 281 quinquies c.p.c.......”; 
    Tribunale Torino, sez. III, 02 dicembre 2005 - Giur. merito 2006, 7-8 1667 (NOTA)nota VACCARI 
    e, con l'occasione fornita dalla legge n. 249 del 1997 (istitutiva dell'autorità per la garanzia delle comunicazioni), 
    “....l'esame sulla questione della procedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo (per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione) è preliminare rispetto a quella sul motivo dell'opposizione riguardante l'incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto (Cass.1958 n. 201). La questione di procedibilità dell'opposizione, quindi, dev'essere esaminata prima che intervenga la successiva statuizione relativa all'incompetenza territoriale (Cass. 1995 n. 3742). La L. 31.7.1997 n. 249 (istitutiva dell'Autorità per le garanzia nelle comunicazioni), all'art. 1, 11 c., statuisce che "l'Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere tra utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze.. Per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell'Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità. A tal fine , i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione". La successiva delibera dell'Autorità di garanzia per le comunicazioni n. 182/ CONS del 2002 ha provveduto, come previsto dalla norma suddetta, a disciplinare il tentativo obbligatorio di conciliazione per tali controversie insorte tra utenti ed i soggetti autorizzati o destinatari di licenze, attribuendone la competenza al Co.re.com. (Comitato regionale per le comunicazioni) o, in alternativa, agli organismi non giurisdizionali che rispettino i principi sanciti dalla raccomandazione della Commissione 2001/310/CE. Più in particolare, l'allegato A, art. 3, della suddetta Delibera n. 182/02/Cons del 19.6.2002, recita come "gli utenti ... ovvero gli organismi di telecomunicazioni, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato...e che intendano agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio". L.'art. 4, 2 c., dell'allegato A, poi, ribadisce che "il ricorso giurisdizionale non può essere proposto sino a quando non sia stato espletato il tentativo di conciliazione ...". Ora, ad avviso di questo giudicante, i termini "controversie", "ricorso in sede giurisdizionale" e "agire in giudizio" , di cui alla complessiva normativa che precede, si riferiscono (solo) all'azione giurisdizionale ordinaria (quindi, preclusa senza il previsto preventivo tentativo di conciliazione) incardinata con un procedimento contenzioso ordinario (anche, di conseguenza, tramite atto di citazione ex art. 163 c.p.c.) soggetto al principio del contraddittorio immediato ex art. 101 c.p.c., ma non al procedimento senza contraddittorio introdotto con le forme speciali di cui all'art. 633 c.p.c......”; 
    Tribunale Torino, sez. III, 02 dicembre 2005 - Giur. merito 2006, 7-8 1667 (NOTA)nota VACCARI 
    prende posizione sulla questione generale, ricordando, in particolare, l'identica problematica, sollevata e risolta, avente per oggetto il contenzioso in materia di lavoro, tanto per quanto concerne la prima fase, priva di contraddittorio, 
    “....il procedimento ingiuntivo , infatti, ha lo scopo di giungere alla celere formazione di un titolo esecutivo mediante cognizione sommaria e senza contraddittorio (differito all'eventuale fase di merito) e precluderlo senza un preventivo tentativo di conciliazione contrasterebbe proprio con la "ratio" della L. n. 249/97 che è quella di deflazionare il contenzioso ordinario pendente dinanzi ai tribunali. Tale interpretazione è avvalorata dal disposto dell'art. 412 bis c.p.c. che, in sede di rapporti di lavoro, prevede come "l'espletamento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilità della domanda"; domanda che, tra l'altro, si propone, ex art. 414 c.p.c. con "ricorso" , identico termine cui fa riferimento, come suvvisto, la L. n. 249/97. Ora, la Corte Costituzione ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 412 bis c.p.c. nella parte in cui non inserisce il procedimento monitorio nell'elenco dei procedimenti sottratti al tentativo obbligatorio di conciliazione in quanto tale tentativo obbligatorio è strutturalmente legato ad un processo fondato, fin dall'inizio, sul contraddittorio, sicché appare incongruo interpretare la disposizione impugnata nel senso che essa preveda l'assoggettamento al suddetto tentativo di un procedimento il cui contraddittorio è differito, come il procedimento monitorio (Corte Cost. 2000 n. 276). Ad identica conclusione è giunta successiva pronuncia sul punto (Corte Cost. ord. n. 29 del 2001).....”; 
    Tribunale Torino, sez. III, 02 dicembre 2005 - Giur. merito 2006, 7-8 1667 (NOTA)nota VACCARI. 
    quanto per i risvolti coinvolgenti la seconda fase (di opposizione): 
    "....sebbene la Corte Costituzionale si sia pronunciata solo circa l'esperimento del tentativo di conciliazione nella fase monitoria, non prendendo posizione espressamente sulla sorte della eventuale fase successiva di opposizione, la giurisprudenza di merito non ha mancato di sottolineare, già in precedenza, che nelle controversie individuali di lavoro, non solo il procedimento monitorio non è precluso dal mancato esperimento del tentativo di conciliazione , ma il tentativo obbligatorio di conciliazione non costituisce presupposto di procedibilità neppure del successivo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (Pret. Parma, 5.8.1999, in Giur. Merito, 2001, I, 72). Tale conclusione si deve condividere ed estendere alla fattispecie oggetto del presente giudizio giacché l'opponente, dati i termini perentori per proporre l'opposizione a decreto ingiuntivo, ex art. 641 e 645 c.p.c. (pena l'acquisizione, ex art. 647 c.p.c., da parte del decreto ingiuntivo, di autorità di cosa giudicata sostanziale), si troverebbe nell'impossibilità di adempiere a quella condizione di procedibilità che sarebbe rappresentata dall'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione. Ciò vale, ad avviso del giudicante, anche per la sua domanda riconvenzionale, ritualmente proposta, ex art. 36 c.p.c., all'interno di un procedimento che, come detto, è esente dall'obbligo del preventivo tentativo di conciliazione e rispetto alla quale la "ratio" di ridurre (attraverso il tentativo di conciliazione) il contenzioso giudiziale favorendo soluzioni stragiudiziali delle controversie non ha motivo di trovare applicazione , visto che la res litigiosa è già stata già radicata in causa.L'opposizione, quindi, è procedibile.....”. 
    Tribunale Torino, sez. III, 02 dicembre 2005 - Giur. merito 2006, 7-8 1667 (NOTA)nota VACCARI




    RICONOSCIMENTO STATO DI LAVORATORE SUBORDINATO


ricorso ex art. 414 c.p.c. riconoscimento rapporto lavoro subordinato

Tribunale di [completare]
Sezione Lavoro
Ricorso ex art. 414 c.p.c.
Per il/la Sig./Sig.ra [inserire nome del ricorrente], nato a [inserire luogo e data di nascita], C.F. [inserire codice fiscale], elettivamente domiciliato/a in [inserire città e via dello studio legale], presso lo studio dell'avv. [inserire nome e cognome del legale], che lo/la rappresenta e difende giusta procura a margine[ovvero in calce] del presente atto,
ricorrente
contro
il/la Sig. / Sig.ra [inserire nome e cognome del datore di lavoro; ovvero se si tratta di datore di lavoro persona giuridica inserire nome della società es. S.p.A. Rossi in persona del legale rappresentante pro tempore] domiciliato/a [inserire indirizzo del datore di lavoro persona fisica], [ovvero nel caso di datore di lavoro persona giuridica: con sede in … via … ]
convenuto/a
FATTO
Il/la Sig./Sig.ra [inserire nome e cognome della parte ricorrente] a mezzo del suo procuratore costituito in giudizio, espone quanto segue:
  1. il/la ricorrente ha lavorato alle dipendenze della Società resistente [ovvero per il/la Sig./Sig.ra in caso di datore di lavoro persona fisica] dal [inserire data inizio rapporto di lavoro] al [inserire l’eventuale data di cessazione del rapporto di lavoro] in qualità di [inserire qualifica];
  2. durante tale periodo la società convenuta ha affidato al/alla ricorrente le seguenti mansioni [inserire le attività lavorative svolte],
  3. pertanto, in considerazione dell'anzianità di servizio maturata e dell’attività svolta, doveva essere inquadrato/a nella [inserire la categoria] categoria, così come stabilito dal CCNL di settore [completare] che la resistente applica ai suoi dipendenti;
  4. le prestazioni effettuate dal/dalla ricorrente sono state esclusivamente di carattere personale e si sono svolte con le seguenti modalità: [inserire modalità di svolgimento della prestazione, riposi, ecc.]
  5. il/la ricorrente era altresì tenuto/a all’osservanza del seguente orario di lavoro: [inserire orario di lavoro];
  6. nell’espletamento di tali compiti il/la ricorrente era assoggettata alle puntuali e specifiche direttive impartitele dal/dalla Sig./Sig.ra [completare con nome e qualifica] e dai suoi ausiliari, che le imponevano le modalità di esecuzione della sua prestazione e che controllavano altresì il lavoro svolto ed ai quali la ricorrente rendeva altresì conto del proprio operato e dai quali riceveva apprezzamenti o rimproveri;
  7. per lo svolgimento di tali attività al/alla ricorrente veniva corrisposta una retribuzione mensile (eventuale: oraria, settimanale) di € .....;
  8. tuttavia i compensi percepiti non erano proporzionati alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto, per cui il/la ricorrente sul punto fa riserva di agire con separato giudizio, per la quantificazione e rivendicazione delle somme spettanti;
  9. inoltre non risulta altresì regolare la sua posizione assistenziale e previdenziale;
  10. il/la ricorrente ha svolto la sua attività lavorativa non già con una organizzazione propria, bensì inserita nei locali e utilizzando gli strumenti messi a disposizione da parte del/la convenuto/a;
  11. in caso di eventuali assenze per malattia il/la ricorrente doveva inviare la relativa certificazione medica e avvisare tempestivamente l’azienda [o il datore di lavoro persona fisica] della impossibilità di recarsi al lavoro; era altresì tenuto/a a giustificare eventuali assenze o ritardi;
  12. in data [inserire data] a mezzo raccomandata a/r veniva esperito inutilmente il tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro di [inserire città] (all. n. 1).
* * *
Alla luce delle allegazioni in fatto che precedono, il /la Sig. /Sig.ra [inserire nome di parte ricorrente] a mezzo del suo procuratore costituito in giudizio, espone quanto segue in
DIRITTO
Il rapporto di lavoro intercorso tra le parti per le modalità concrete di svolgimento possiede tutte le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 2094 c.c. sussistendo inequivocabilmente tutti gli elementi fondamentali rivelatori della subordinazione.
Tali elementi, secondo l’orientamento saldamente accreditato presso il Supremo Collegio, consistono:
  1. nella sottoposizione del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro,
  2. nell'osservanza di un orario di lavoro costante,
  3. nella corresponsione della retribuzione a scadenze prestabilite,
  4. nell'obbligo di giustificare assenze o ritardi,
  5. nell'assenza di una struttura imprenditoriale in capo al lavoratore.
Pertanto con riferimento a tali criteri, appare indubitabile che il rapporto tra il /la ricorrente e la resistente debba essere qualificato di lavoro subordinato.
Giova infine evidenziare che la giurisprudenza dominante ha più volte ribadito che ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, le modalità effettive di svolgimento del rapporto sono preminenti rispetto al nomen iurisdato dalle parti al rapporto di lavoro. Infatti tale presunzione nel caso di specie viene agevolmente superata dal comportamento complessivo delle parti rivelatore in realtà di un intendimento soggettivo diverso da quello dichiarato, con conseguenziale deviazione dal modello negoziale formalizzato (v. Cass. n. 5960/99; n. 12926/99; n. 3603/98; nonché da ultimo Cass. Sez. Lav. n. 4770/03, secondo cui “in caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato oppure autonomo, sia pure con collaborazione coordinata e continuativa, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto – con accertamento di fatto incensurabile in cassazione se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato – dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto, senza che il ‘nomen iuris’ utilizzato dalle parti possa assumere carattere assorbente” (dovendosi dunque avere riguardo soprattutto alle modalità concrete di svolgimento del rapporto).
Appare evidente dunque, dalle considerazione in fatto e in diritto sopra svolte e che saranno agevolmente provate in sede di istruttoria, che, al di là del nomen iuris con cui tra le parti il contratto di lavoro è stato definito, lo stesso è stato di fatto attuato nei termini di un rapporto di lavoro subordinato.
Tanto ritenuto il /la Sig. / Sig.ra [inserire nome della parte], come in epigrafe rappresentato/a e difeso/a
CHIEDE
all'Ill.mo Giudice adito, previa fissazione dell'udienza di discussione ed emanazione dei provvedimenti di cui all'art. 415 cod. proc. civ., di voler accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
- accogliere il presente ricorso e, per l’effetto, dichiarare che, contrariamente a quanto fatto figurare dalle parti, il rapporto in essere tra il/la ricorrente e [inserire nome del convenuto] è da qualificare fin dal [inserire data inizio rapporto di lavoro] quale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, oltre IVA e CPA, [inserire eventualmente: da distrarsi in favore dell'avv. (inserire nome del legale) antistatario) e sentenza provvisoriamente esecutiva.
In via istruttoria chiede altresì:
  1. l’ammissione dell’interrogatorio formale del legale rappresentante pro tempore[se il datore di lavoro è persona fisica inserire della controparte];
  2. prova testimoniale sulle circostanze di fatto articolate nella narrativa del presente atto contrassegnate con i numeri da a) a k), che si abbiano qui per riportati come altrettanti capitoli di prova per testi, preceduti dalla formula “vero che” ed epurati da eventuali elementi valutativi dettati da esigenze espositive;
  3. prova testimoniale contraria a quella eventualmente formulata da controparte, nei limiti in cui essa verrà ammessa.
Si indicano a testimoni i sigg.ri [inserire nomi dei testimoni]
Si formulano le seguenti ulteriori istanze istruttorie [es.: informazioni sindacali, esibizione libri contabili ecc.]
Si producono i seguenti documenti:
  1. raccomandata a/r del [inserire data] di tentativo obbligatorio di conciliazione;
  2. [inserire elenco documenti prodotti] .
[inserire luogo e data]

[inserire nome avvocato e sottoscrivere]

NOTE

  1. FINALITA’: Un ricorso di questo tenore viene utilizzato per incardinare un giudizio innanzi alle competenti sedi (Tribunale Civile – Sezione Lavoro) al fine di ottenere una sentenza dichiarativa dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
  2. FORMALITA’: Il ricorso va depositato soltanto dopo aver effettuato il tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alla competente Commissione della Direzione Provinciale del Lavoro.
  3. TEMPISTICA:Una volta depositato presso la Cancelleria del Tribunale territorialmente competente ex art. 413 c.p.c., il ricorso, completo del decreto del giudice di fissazione dell’udienza, va notificato alla parte convenuta a cura del ricorrente. Importante: tra la data della notifica al convenuto e la data dell’udienza fissata nel decreto deve intercorre un termine di almeno 30 giorni.
  4. RIFERIMENTI NORMATIVI: Codice di procedura civile: artt. 413, 414, 415; codice civile: art. 2094
  5. RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI: Cass. Sez. Lav. n. 5960/99; n. 12926/99; n. 3603/98; n. 9817/98; n. 11936/00, n. 4770/03.; ecc.

  1. Art. 507 codice di procedura penale - Ammissione di nuove prove ...

    www.brocardi.it/codice-di-procedura-penale/libro.../art507.html
    Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficiol'assunzione di nuovi mezzi di prove [190 2, ...
  2. Art. 414 codice di procedura penale - Riapertura delle ... - Brocardi.it

    www.brocardi.it/codice-di-procedura-penale/libro.../art414.html
    Infatti quando il legislatore ha inteso subordinare la riapertura delle indagini preliminari alla sopravvenienza di nuovi elementi di prova, come in tema di revoca ...
  3. Art. 345 codice di procedura civile - Domande ed ... - Brocardi.it

    www.brocardi.it/codice-di-procedura-civile/libro...ii/art345.html
    Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovidocumenti, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione ...
  4. Libri su Mezzi di prova e ricerca della prova - Brocardi.it

    www.brocardi.it/.../Mezzi_di_prova_e_ricerca_della_prova-1888.ht...
    Elenco di libri su Mezzi di prova e ricerca della prova... Prove atipiche · Nuovi profili del segreto di stato e dell'attività di intelligence. carrello ...
  5. Errore di fatto - Dizionario Giuridico - Brocardi.it

    www.brocardi.it/dizionario/5968.html
    Errore di fatto. ... mediante l'eventuale acquisizione di nuovi mezzi di prova (rinnovazione ... Va precisato che la violazione delle regole della logica, nella interpretazione e ricostruzione degli elementi di fatto integra, invece, ...
  6. Art. 468 codice di procedura penale - Citazione di ... - Brocardi.it

    www.brocardi.it/codice-di-procedura-penale/libro...i/art468.html
    La parte che intende chiedere l'acquisizione di verbali di prova di altro ... l'emergenzadi elementi tali da rendere necessaria l'assunzione di prove ... del giudice di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova previsto dall'art. ...
  7. Art. 420 codice di procedura civile - Udienza di ... - Brocardi.it

    www.brocardi.it/codice-di-procedura-civile/libro.../art420.html
    Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, inuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro ...
  8. Ius novorum - Diritto di proporre elementi nuovi - Brocardi.it

    www.brocardi.it/I/ius-novorum.html
    Ius novorum,Diritto di proporre elementi nuovi... Per ciò che concerne i nuovi mezzidi prova, la legge di riforma li consente solo in caso di indispensabilità o di ...
  9. Dizionario dei brocardi e dei latinismi giuridici - Risultati da Google Libri

    books.google.it/books?isbn=8821729486...Paride Bertozzi - 2009 - Foreign Language Study - 234 pagine
    Ius novorum e` il diritto di proporre in appello nuove domande ed eccezioni o nuovimezzi di prova. E` un diritto che si tende, in quasi tutti gli ordinamenti, ...
  10. "Nuovi mezzi di prova": giurisprudenza sul 'vecchio' art. 184 c.p.c.

    www.overlex.com/leggiarticolo.asp?id=1342
    8 giu 2007 – 184, vecchio testo, c.p.c. dava alle parti la possibilità di articolare entro termini perentori solo “nuovi” mezzi di prova, e cioè, con riferimento al ...


    La natura dell'opposizione a precetto
    (Matching tags: Opposizione a precetto)
      L'opposizione a precetto può configurare sia opposizione all'esecuzione (art. 615 cpc) sia agli atti esecutivi (art. 617 cpc), a seconda che il debitore rispettivamente contesti l'ammontare della somma ...
    L'opposizione a precetto con cui si faccia valere la non corretta applicazione dello scaglione tariffario forense quanto a competenze ed onorari, deve intendersi "agli atti esecutivi" e va quindi proposta ...
    L'accordo stragiudiziale di modifica delle condizioni economiche stabilite in sede di separazione o divorzio non può essere fatto valere dal debitore mediante opposizione alla esecuzione, bensì esclusivamente ...
    Con l'opposizione ad esecuzione fondata su titolo di formazione giudiziale non possono farsi valere contestazioni sostanziali circa la pretesa ingiustizia del titolo stesso, da proporsi tutt'al più con ...
    5. La natura dell'opposizione a precetto
    (Matching tags: Opposizione a precetto)
    L'opposizione a precetto può configurare sia opposizione all'esecuzione (art. 615 cpc) sia agli atti esecutivi (art. 617 cpc), a seconda che il debitore rispettivamente contesti l'ammontare della somma ...
    L'opposizione a precetto può configurare sia opposizione all'esecuzione (art. 615 cpc) sia agli atti esecutivi (art. 617 cpc), a seconda che il debitore rispettivamente contesti l'ammontare della somma con esso ingiunta, ovvero ne chieda la nullità per vizi formali, e pertanto, se è accolta, nell'un caso persiste l'idoneità del precetto -sia pure per minore ammontare- a fungere da presupposto per l'esecuzione; nell'altro il precetto, fondato sul medesimo titolo esecutivo, deve essere rinnovato (Nel caso di specie, con l'opposizione si eccepiva l'erronea intimazione di somme non dovute, perché parzialmente già corrisposte nonché illegittimamente chieste perché riferite ad un eccessivo scaglione e a voci di tariffa ("nota spese") non dovute. In applicazione del principio di cui in massima, il Giudice ha ritenuto trattarsi di opposizione all'esecuzione, con conseguente validità del precetto per il diverso, minore, importo comunque dovuto).
    ... all'esecuzione forzata per consegna e rilascio dell'immobile (Nella specie, in applicazione del principio di cui in massima, il Giudice ha accolto l'opposizione al precetto  fondato sul provvedimento di ...
    Il giudice dell'opposizione all'esecuzione non può sospendere l'esecuzione stessa nel caso in cui essa sia intrapresa in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ove l'opposizione attenga ...
    In caso di opposizione all'esecuzione, la sospensione, su istanza di parte, dell'efficacia esecutiva del titolo presuppone la sussistenza di “gravi motivi” (art. 615, co. 1, cpc), da valutarsi con riferimento ...
    Il provvedimento di revoca dell'assegnazione dell'abitazione coniugale non obbliga al rilascio dell'immobile il coniuge che ne è comproprietario e possessore, occorrendo a tal fine un provvedimento di ...
    In caso di opposizione all'esecuzione (nella specie, opp. a precetto), la sospensione, su istanza di parte, dell'efficacia esecutiva del titolo presuppone la sussistenza di “gravi motivi” (art. 615, co. ...
    11. Opposizione a precetto
    (Matching tags: Opposizione a precetto)
    L'opposizione a precetto è lo strumento normativo che consente di temperare la c.d. efficacia incondizionata del titolo, abilitando il debitore all'instaurazione di un giudizio a cognizione piena, finalizzato, ...
    12. Opposizione a precetto
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    L'opposizione a precetto può configurare sia opposizione all'esecuzione (art. 615 c.p.c.) sia agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) a seconda che - rispettivamente - il debitore contesti l'ammontare della ...
    13. Opposizione a precetto
    (Matching tags: Opposizione a precetto)
    Qualora la parte, alla quale sia stato notificato il precetto, proponga opposizione deducendo che la somma richiesta è superiore a quella effettivamente dovuta, si verte in tema di opposizione all'esecuzione ...


    Opposizione ex art. 615 C.P.C. avverso cartelle di pagamento per contravvenzioni al C.d.s.


    MAGGIORAZIONI EX ART. 27 L. 689/81 NON DOVUTE - INCERTEZZA ED ILLIQUIDITA' DEL COMPENSO DELL'ENTE DI RISCOSSIONE QUALORA RIPORTATO IN MANIERA CRIPTICA NELLA CARTELLA - SOSPENSIONE DELL'EFFICACIA ESECUTIVA DELLA CARTELLA Testo dell'articolo ILLEGITTIMITA' DELLE MAGGIORAZIONI EX ART. 27 L. 689/81 APPLICATE ALLE SANZIONI PER VIOLAZIONE DELLE NORME DEL C.d.S. - INCERTEZZA ED ILLIQUIDITA' DEL COMPENSO DELL'ENTE DI RISCOSSIONE QUALORA RIPORTATO IN MANIERA CRIPTICA NELLA CARTELLA - OPPOSIZIONE EX ART. 615 C.P.C. E SOSPENSIONE DELL'EFFICACIA ESECUTIVA DELLA CARTELLA.

    Nelle cartelle emesse dall'Equitalia per il pagamento di sanzioni relative a violazioni del C.d.S. e sulla base di verbali non pagati in misura ridotta e non opposti (o per i quali v'è stato rigetto del ricorso amministrativo o giurisdizionale), vengono abitualmente addebitate al contravventore, nella voce "dettaglio importi dovuti", oltre alle sanzioni irrogate dall'ente impositore (per la metà del massimo edittale ex art. 203 C.d.S.), somme per "magg. ex l. 689/81" (maggiorazioni di cui al 6° comma dell'art. 27 della legge 689/81, secondo cui "in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore"). La notifica di tali cartelle, spesso appositamente effettuata a distanza di diversi anni dall'esigibilità della sanzione, determina, con il maturare di dette maggiorazioni (ad un tasso annuo d! el 20%), un odioso impazzimento delle stesse. 
    Ad esempio, se si rimane soccombenti in un giudizio di opposizione a sanzione per eccesso di velocità (art. 142 C.d.S.) ricompreso tra i dieci e i venti km. oltre il limite consentito e si ci dimentica di effettuare, dopo il deposito della relativa sentenza, la comunicazione obbligatoria di cui all'art. 126 bis C.d.S., l'iniziale sanzione applicata in misura ridotta per la sola violazione di cui al cit. art. 142 C.d.S. (€. 157,20), a distanza di soli tre anni dalla sua irrogazione (tempo mediamente occorrente per avere una pronuncia definitiva da parte dell'A.G.), aumenterà, a conti fatti, dell'800% circa e si ci vedrà arrivare a casa una cartella di pagamento dell'importo di oltre 1.300,00 euro (ossia una cartella del tipo: €. 297,00 per violazione art. 142 C.dS., €. 500,00 per violazione dell'art. 126 bis - per sanzioni aumentate fino alla metà del massimo edittale; €.180,00 ed €. 250,00 circa per maggiorazioni di cui alla l. 689/81; €. 9.29 ed €. 7! .74 per spese; €. 23,00 ed €. 35,00 circa per compensi dell'Ente di Riscossione). 
    La sproporzione tra sanzione iniziale e finale, tra lievità del fatto e conseguenze sanzionatorie, è sin troppo evidente. Roba da gabellieri medievali! 
    Prescindendo, tuttavia, da ogni considerazione di politica legislativa sull'opportunità e sulla ragionevolezza di un siffatto accanimento sanzionatorio dello Stato nei confronti del cittadino (si tratta, in buona sostanza, di punire il solo ritardo dell'automobilista nel pagare le sanzioni irrogategli per aver violato il C.d.S.), ciò che qui preme rimarcare è l'illegittima ed inammissibile applicazione, da parte degli enti impositori e del Concessionario del Servizio di Riscossione, di un doppia sanzione (aumento della sanzione, ex art. 203 C.d.S., fino alla metà del massimo edittale + maggiorazione ex art. 27 co. 6 l. 689/81) per un medesimo fatto (ritardo nel pagamento). 
    Difatti, sia la Suprema Corte di Cassazione e sia i giudici di pace (Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 16 febbraio 2007 n. 3701; Cass. Civ., Sez. II, 22/10/2009, n. 22397; Cass. Civ., Sez. II, 23/09/2010, n. 20084; Giudice di Pace di Bari, Sez. VI, 18/05/2010, n. 4184; Giudice di pace Lugo, 19/06/2002; Giudice di pace di Castellammare di Stabia, n.2920 /05 ), hanno ritenuto che le anzidette maggiorazioni di cui al cit. art. 27 co. 6 l. 689/81, qualora iscritte a ruolo sulla base di verbali esecutivi relativi a violazioni del C.d.S., non sono assolutamente dovute, siccome l'art. 203 C.d.S., in deroga alle disposizioni di cui all'art. 17 della l. n.689/81, prevede espressamente che, qualora non sia stato proposto ricorso al Prefetto (n.d.r.: o, in alternativa, al Giudice di Pace) e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale costituisce titolo esecutivo soltanto per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese d! i procedimento. 
    Infatti, prima dell'entrata in vigore del Codice della Strada (D.lgs. n. 285/1992), allorquando il contravventore non aveva effettuato il pagamento in misura ridotta del verbale, il funzionario o l'agente che aveva accertato la violazione stradale aveva invece l'obbligo, ai sensi del cit. art. 17 l. 689/81, di farne rapporto al Prefetto, il quale, con ordinanza ingiunzione (impugnabile dinanzi all'A.G.), comminava la sanzione, determinandone l'entità. 
    E' quindi evidente che la volontà del legislatore del 1992 era quella di predeterminare, con riferimento alle ipotesi di mancato pagamento in misura ridotta del verbale o di mancata proposizione del ricorso amministrativo avverso i verbali elevati per violazioni al C.d.S., l'entità delle sanzione da applicare e di abolire, conseguentemente, il meccanismo dell'obbligo di rapporto al Prefetto e dell'irrogazione della sanzione da parte di quest'ultimo. 
    Si è obiettato, tuttavia, che l'applicazione delle maggiorazioni in parola sarebbe giustificata dal rinvio operato dal successivo art. 206 C.d.S., per quanto riguarda la "riscossione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie", proprio alle disposizioni di cui all'art. 27 l.689/81. 
    Si è osservato, ex adverso, che tale ultimo rinvio normativo, stante l'anzidetta espressa deroga all'obbligo di rapporto al Prefetto e la contestuale preventiva predeterminazione della sanzione dovuta in caso di ritardato pagamento (cit. art. 203 C.d.S), non potrebbe che riferirsi alle sole disposizioni che l'art. 27 cit. l. 689/81 detta per le concrete modalità della riscossione (prevedendo che questa debba effettuarsi secondo la disciplina dettata per la esazione delle imposte dirette) e non anche a quelle di carattere sanzionatorio contenute nella stessa norma (Cfr,cit. Giudice di Pace di Roma 17/12/2008). 
    Se così non fosse, ci troveremmo, difatti, di fronte ad una irragionevole ed illegittima applicazione di una doppia sanzione per un medesimo comportamento (ritardo nel pagamento), dal momento che la maggiorazione del 10% semestrale di cui al 6° comma dell'art. 27 l. 689/81, avendo già di per sé funzione sanzionatoria e non risarcitoria (Cfr., sul punto, Corte costituzionale n. 308/1999) ed essendo stata prevista in via generale per tutte le sanzioni amministrative, qualora applicata alle contravvenzioni al C.d.S., andrebbe inammissibilmente ad aggiungersi alla sanzione già prevista, dal cit. art. 203 C.d.S., per il ritardato pagamento di queste ultime, con conseguente violazione del principio di specialità di cui all'art. 9 stessa l. 689/81 (secondo cui, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si ! applica la disposizione speciale). 
    In definitiva, stando al quadro giurisprudenziale nettamente delineatosi in materia, è da ritenersi che, per le sanzioni relative a violazioni del C.d.S. e contenute in verbali non pagati e non opposti (o per i quali v'è stato rigetto del ricorso amministrativo o all'A.G.), l'Ente Impositore e l'Equitalia, nonostante l'art. 206 C.d.S. rinvii alle norme previste in materia di riscossione dall'art. 27 l. 689/81, non possano pretendere il pagamento della maggiorazione sanzionatoria di cui all'art. 27 co. 6 stessa l. 689/81. > 
    Sotto diverso profilo, va poi considerato che la non debenza delle suddette maggiorazioni comporta anche la conseguente diminuzione dell'entità del compenso dovuto all'Ente di Riscossione (c.d. aggio), dovendo lo stesso essere logicamente ricalcolato sulla base della sola sanzione applicabile ex art. 203 C.d.S. (metà del massimo edittale), ossia sulla base di una somma di gran lunga minore rispetto a quella riportata nella cartella. 
    Inoltre, dato che il compenso dell'Equitalia risulta normalmente iscritto a ruolo senza alcuna spiegazione circa la base di calcolo, il tasso ed il periodo di mora applicati, la cartella risulterà nulla per mancanza dei requisiti della certezza e della liquidità del relativo credito - nullità rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, trattandosi di presupposti dell'azione esecutiva (Cfr. Cass., Sez. III, nr. 9293/2001) - e per lesione del diritto di difesa, siccome se, da una parte la determinazione del quantum debeatur non risulta possibile attraverso gli elementi testuali ricavabili dal titolo azionato ed in base all'effettuazione di semplici operazioni aritmetiche, dall'altra, il debitore non viene posto nella condizione di poter controllare l'operato dell'Ente di Riscossione e di poter adeguatamente tutelare le proprie ragioni. 
    Difatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, qualsiasi titolo, anche di formazione giudiziale, non può considerarsi esecutivo se non quando consente la determinazione degli importi dovuti o perché già indicati nel proprio testo, o perché comunque determinabili agevolmente in base agli elementi numerici contenuti in quel testo attraverso operazioni aritmetiche elementari, oppure predeterminati per legge, senza fare ricorso ad elementi numerici ulteriori che non risultino dal testo dello stesso titolo (Cfr. in tal senso, Cass., Sez. Lav. 28/04/2010 n. 10164), mentre nulla ed illegittima, per violazione del diritto di difesa, è da ritenersi "la cartella di pagamento che riporta in maniera criptica i soli codici del tributo richiesto, non potendo comprendere il contribuente la ricostruzione dell'operato dell'Ufficio attraverso difficili operazioni interpretative di codici ed enumerazioni" (Cfr., sul punto, Cass. Sez. Trib., 16 settembre 2005 n. 18415). ! 
    Dal punto di vista processuale, Il rimedio esperibile avverso una cartella affetta dai suddetti vizi è senz'altro quello dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. co I, dal momento che la stessa, siccome basata su verbale ormai divenuto esecutivo e non più impugnabile dinanzi al giudice di pace ex artt. 22 e 23 l. 689/81, va equiparata all'atto di precetto e che le contestazioni da far valere riguardano, da una parte, la debenza di alcune somme (maggiorazione sanzionatoria di cui alla cit.l. 689/81 e della quota di compenso dell'Ente di Riscossione su di essa calcolato) e, dall'altra, la mancanza dei presupposti dell'azione esecutiva costituiti dalla certezza e dalla liquidità del credito azionato (Cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. III, 25/11/2002, n. 16569; Cass. Civ., Sez. III, 05/05/2009, n.10295). 
    Competente per il relativo giudizio sarà, a seconda del valore della causa, il giudice di pace o il tribunale del luogo ove ha sede il giudice competente per l'esecuzione (V. art. 27 c.p.c., richiamato, in materia di opposizione all'esecuzione, dall'art. 615 c.p.c..). 
    Quanto alla legittimazione passiva, essa spetta sia all'Ente Impositore e sia a quello di Riscossione, anche se, nel caso in cui venga convenuto in giudizio solo quest'ultimo, incomberà sullo stesso l'onere di chiamare in giudizio il primo, se non vuole rispondere dell'esito della controversia, non potendo il giudice disporre d'ufficio la relativa integrazione del contraddittorio, trattandosi di ipotesi di litsconsorzio non necessario (Cfr. Cass. Sez. Un., 25/07/2007, n. 16412 e Cass. Civ., Sez. II, 29/02/2008 n. 5532). 
    Nel proporre l'opposizione in parola, si potrà poi chiedere, ai sensi dell'art. 615 c.p.c, la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'azionata cartella, adducendo, quali gravi motivi, oltre alla verosimile fondatezza delle lagnanze sollevate, anche l'ingiustizia del danno patrimoniale derivante dall'eventuale esecuzione, la presumibile difficoltà ed i disagi connessi alle successive attività necessarie a riottenere la restituzione delle somme non dovute dall'Ente Impositore, soprattutto quando questo sia ubicato a notevole distanza dal luogo di residenza dell'opponente (Cfr. Corte App. Milano, sez. I, 14 ottobre 2008; Cass. Civile , sez. III, 25 febbraio 2005, n. 4060), l'opportunità di evitare le situazioni pregiudizievoli costituite dall'odiosa ed ormai consolidata prassi di riscossione (attuata attraverso la preventiva applicazione delle cc.dd. ganasce fiscali del fermo amministrativo del veicolo o iscrizione di ipoteca legale sui beni del debitore), misure, queste! ultime, che la giurisprudenza più attenta ritiene, peraltro, non utilizzabili per crediti derivanti da sanzione al C.d.S. (Cfr., ex plurimis, Trib. Novara Sez. Lav., 09 maggio 2003) ed altrimenti eludibili soltanto attraverso il pagamento dell'illegittima cartella impugnata. 
    Altro motivo da addurre a sostegno dell'istanza di sospensiva riguarda, poi, l'esigenza di garantire al debitore l'effettività del diritto ad opporsi all'esecuzione. Sul punto, va segnalata un importante ed innovativa pronuncia del Tribunale di Lecco (Cfr. Trib. Lecco, sez. II 06/07/2006), secondo cui il grave pregiudizio al diritto a potersi utilmente opporre all'esecuzione forzata è di per sé connesso all'astratta possibilità, da parte del creditore procedente, di porre in essere atti esecutivi per conseguire il pagamento di somme verosimilmente non dovute. 
    Secondo tale ultimo orientamento giurisprudenziale - da reputarsi del tutto condivisibile, siccome straordinariamente attento alle esigenze di giustizia sostanziale sottese al giudizio di opposizione all'esecuzione - pur volendo configurare il subprocedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ex art 615 co. 2 c.p.c. come procedimento cautelare (con conseguente applicazione allo stesso della disciplina di cui agli artt. 669 bis e ss. c.p.c.), il requisito del c.d. periculum in mora (necessario ai fini dell'accoglimento dell'istanza) sarebbe da ritenersi automaticamente sussistente - siccome di per sé connesso all'astratta possibilità del creditore di compiere di atti esecutivi volti a conseguire il pagamento di somme non dovute - ogni qual volta sussista il requisito del c.d. fumus boni juris. In altri termini, la verosimile fondatezza dei motivi di opposizione varrebbe, di per sé sola, a giustificare la concessione di un provvedimento di sospen! siva, atteso il grave pregiudizio all'effettività del diritto del debitore di opporsi all'esecuzione, pregiudizio che conseguirebbe automaticamente ad atti esecutivi posti in essere sulla base di una pretesa ingiusta. Va rimarcato, in ogni caso, che il debitore, nel caso in cui non proponga opposizione ex art. 615 c.p.c. e nondimeno provveda al pagamento onde evitare il pignoramento, non potrà poi agire in via di ripetizione d'indebito (Cass. Civ., Sez. III, 17/11/2009, n. 24215, Cass. Civ., Sez. I, 13/12/2001 n. 15741). Seri dubbi sorgono, infine, sulla possibile rilevanza penale del comportamento dei responsabili degli enti impositori e di riscossione in ordine al reato previsto e punito dall'art. 644 c.p.c. (usura), allorquando costoro, consapevoli della non debenza delle maggiorazioni sanzionatorie in questione (perché magari accertata con sentenza dall'A.G. in cause che avevano coinvolto l'ente di appartenenza), reiterano, in danno di altri cittadini (soprattutto quando questi ultimi, versando in stato di bisogno, si recano agli sportelli dell'Equitalia per mendicare quantomeno una rateazione del debito), la riscossione di dette maggiorazioni, al fine procurare "compensi" o "vantaggi" all'ente da cui dipendono o per il quale esercitano attività di "mediazione". Tali ultime riflessioni esulano, tuttavia, dall'oggetto del presente scritto e costituiscono mero spunto per una loro più approfondita disamina da parte di chi si occupa della materia penale. !


    Tratto da: Opposizione ex art. 615 C.P.C. avverso cartelle di pagamento per contravvenzioni al C.d.s.
    (Fonte: StudioCataldi.it) 




    Codice di procedura civile – Del processo di esecuzione – parte 2

    Capo IV: DELL’ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARESezione I: DEL PIGNORAMENTO
    Art. 555 Forma del pignoramento
    Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dal codice civile per la individuazione dell’immobile ipotecato, i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa l’ingiunzione prevista nell’articolo 492.
    Immediatamente dopo la notificazione l’ufficiale giudiziario consegna copia autentica dell’atto con le note di trascrizione al competente conservatore dei registri immobiliari, che trascrive l’atto e gli restituisce una delle note.
    Le attivita’ previste nel comma precedente possono essere compiute anche dal creditore pignorante, al quale l’ufficiale giudiziario, se richiesto, deve consegnare gli atti di cui sopra.
    Art. 556 Espropriazione di mobili insieme con immobili
    Il creditore puo’ fare pignorare insieme coll’immobile anche i mobili che lo arredano, quando appare opportuno che l’espropriazione avvenga unitariamente.
    In tal caso l’ufficiale giudiziario forma atti separati per l’immobile e per i mobili, ma li deposita insieme nellacancelleria del tribunale.
    Art. 557 Deposito dell’atto di pignoramento
    L’ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione l’atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
    Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro cinque giorni dal pignoramento e, nell’ipotesi di cui all’articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
    Il cancelliere al momento del deposito dell’atto di pignoramento forma il fascicolo dell’esecuzione.
    Art. 558 Limitazione dell’espropriazione
    Se un creditore ipotecario estende il pignoramento a immobili non ipotecati a suo favore, il giudice dell’esecuzione puo’ applicare il disposto dell’articolo 496, oppure puo’ sospenderne la vendita fino al compimento di quella relativa agli immobili ipotecati.
    Art. 559 Custodia dei beni pignorati
    Col pignoramento il debitore e’ costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso.
    Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, puo’ nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore.
    Art. 560 Modo della custodia
    Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell’articolo 593.
    Ad essi e’ fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell’esecuzione.
    Con l’autorizzazione del giudice il debitore puo’ continuare ad abitare nell’immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia.
    Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice puo’ anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite, nei limiti dello stretto necessario.
    Art. 561 Pignoramento successivo
    Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto di pignoramento trova che sugli stessi beni e’ stato eseguito un altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce.
    L’atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell’articolo 557 e’ depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo e’ compiuto anteriormente all’udienza prevista nell’articolo 563 secondo comma. In tal caso l’esecuzione si svolge in unico processo.
    Se il pignoramento successivo e’ compiuto dopo l’udienza di cui sopra, si applica l’articolo 524 ultimo comma.
    Art. 562 Inefficacia del pignoramento e cancellazione della trascrizione
    Se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine previsto nell’articolo 497, il giudice dell’esecuzione con l’ordinanza di cui all’articolo 630 dispone che sia cancellata la trascrizione.
    Il conservatore dei registri immobiliari provvede alla cancellazione su presentazione dell’ordinanza.
    Sezione II: DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
    Art. 563 Condizioni e tempo dell’intervento
    Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione.
    Per gli effetti di cui all’articolo seguente l’intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita.
    Art. 564 Facolta’ dei creditori intervenuti
    I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell’articolo precedente partecipano all’espropriazione dell’immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
    Art. 565 Intervento tardivo
    I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dell’articolo seguente.
    Art. 566 Intervento dei creditori iscritti e privilegiati
    I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l’udienza indicata nell’articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti dell’espropriazione.
    Sezione III: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE
    § 1: DISPOSIZIONI GENERALI
    Art. 567 Istanza di vendita
    Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell’immobile pignorato.
    Al ricorso si debbono unire l’estratto del catasto e delle mappe censuarie, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato e il certificato del tributo diretto verso lo Stato.
    Art. 568 Determinazione del valore dell’immobile
    Agli effetti dell’espropriazione il valore dell’immobile si determina a norma dell’articolo 15 primo comma.
    Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti indicati, si determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma dell’articolo 13 ultimo comma.
    Se il bene non e’ soggetto a tributo diretto verso lo Stato o se per qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore determinato a norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente inadeguato, il valore e’ determinato dal giudice stesso sulla base degli elementi forniti dalle parti e di quelli che gli puo’ fornire un esperto da lui nominato.
    Art. 569 Provvedimento per l’autorizzazione della vendita
    Sulla istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza per l’audizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti.
    All’udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalita’ della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono gia’ decadute dal diritto di proporle.
    Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, la quale si fa a norma degli articoli seguenti, se egli non ritiene opportuno che si svolga col sistema dell’incanto.
    Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell’esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
    Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all’articolo 498 che non sono comparsi.
    § 2: VENDITA SENZA INCANTO
    Art. 570 Avviso della vendita
    Dell’ordine di vendita e’ dato dal cancelliere, a norma dell’articolo 490, pubblico avviso contenente l’indicazione del debitore, degli estremi previsti nell’articolo 555 e del valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo 568, con l’avvertimento che maggiori informazioni possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale.
    Art. 571 Offerte d’acquisto
    Ognuno, tranne il debitore, e’ ammesso a offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell’articolo 579 ultimo comma. L’offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente la indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. Se un termine piu’ lungo non e’ fissato dall’offerente, l’offerta non puo’ essere revocata prima di venti giorni.
    L’offerta non e’ efficace se e’ inferiore al prezzo determinato a norma dell’articolo 568 e se l’offerente non presta cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
    Art. 572 Deliberazione sull’offerta
    Sull’offerta il giudice dell’esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti.
    Se l’offerta non supera di almeno un quarto il valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo 568, e’ sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto a farla respingere.
    Se supera questo limite, il giudice puo’ fare luogo alla vendita, quando ritiene che non vi e’ seria probabilita’ di migliore vendita all’incanto.
    Si applica anche in questo caso la disposizione dell’articolo 577.
    Art. 573 Gara tra gli offerenti
    Se vi sono piu’ offerte, il giudice dell’esecuzione convoca gli offerenti e li invita a una gara sull’offerta piu’ alta.
    Se la gara non puo’ aver luogo per mancanza di adesione degli offerenti, il giudice puo’ disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare l’incanto.
    Art. 574 Provvedimenti relativi alla vendita
    Il giudice dell’esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione del decreto, entro il quale il versamento deve farsi, e, quando questo e’ avvenuto, pronuncia il decreto previsto nell’articolo 586.
    Si applica anche a questa forma di vendita la disposizione dell’articolo 583.
    Se il prezzo non e’ depositato a norma del decreto di cui al primo comma, il giudice provvede a norma dell’articolo 587.
    Art. 575 Termine delle offerte senza incanto
    Se il decreto di cui al primo comma dell’articolo precedente non e’ pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell’avviso previsto nell’articolo 570, il giudice dell’esecuzione ordina l’incanto.
    Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il giudice puo’ prorogare tale termine fino a quattro mesi.
    § 3: VENDITA CON INCANTO
    Art. 576 Contenuto del provvedimento che dispone la vendita
    Il giudice dell’esecuzione, quando ordina l’incanto, stabilisce, sentito quando occorre un esperto:
    1) se la vendita si deve fare in uno o piu’ lotti;
    2) il prezzo base dell’incanto determinato a norma dell’articolo 568;
    3) il giorno e l’ora dell’incanto;
    4) il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicita’ e l’incanto, nonche’ le eventuali forme di pubblicita’ straordinaria a norma dell’articolo 490 ultimo comma;
    5) l’ammontare della cauzione e il termine entro il quale deve essere prestata dagli offerenti;
    6) la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte;
    7) il termine, non superiore a sessanta giorni dall’aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalita’ del deposito.
    L’ordinanza e’ pubblicata a cura del cancelliere.
    Art. 577 Indivisibilita’ dei fondi
    La divisione in lotti non puo’ essere disposta se l’immobile costituisce un’unita’ colturale o se il frazionamento ne potrebbe impedire la razionale coltivazione.
    Art. 578 Delega a compiere la vendita
    Se una parte dei beni pignorati e’ situata nella circoscrizione di altro tribunale, con l’ordinanza che dispone la vendita il giudice dell’esecuzione puo’ stabilire che l’incanto avvenga, per quella parte, davanti al tribunale del luogo in cui e’ situata.
    In tal caso, copia dell’ordinanza e’ trasmessa dal cancelliere al presidente del tribunale delegato, il quale nomina un giudice per l’esecuzione della vendita.
    Art. 579 Persone ammesse agli incanti
    Salvo quanto e’ disposto nell’articolo seguente, ognuno, eccetto il debitore, e’ ammesso a fare offerte all’incanto.
    Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale.
    I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare.
    Art. 580 Prestazione della cauzione
    Per offrire all’incanto e’ necessario avere prestato la cauzione a norma dell’ordinanza di cui all’articolo 576, e avere depositato in cancelleria l’ammontare approssimativo delle spese di vendita.
    Se l’offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito per le spese gli vengono restituiti dopo la chiusura dell’incanto.
    Art. 581 Modalita’ dell’incanto
    L’incanto ha luogo davanti al giudice dell’esecuzione, nella sala delle udienze pubbliche, col sistema della candela vergine.
    Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l’offerta precedente nella misura indicata nelle condizioni di vendita.
    Subito dopo ciascuna offerta si accendono successivamente fino a tre candele che durino ciascuna un minuto circa. Quando la terza candela si e’ spenta senza che sia fatta una maggiore offerta, l’immobile e’ aggiudicato all’ultimo offerente.
    Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando essa e’ superata da un’altra, anche se poi questa e’ dichiarata nulla.

    Art. 582 
    Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio dell’aggiudicatario
    L’aggiudicatario deve dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice che ha proceduto alla vendita. In mancanza le notificazioni e comunicazioni possono essergli fatte presso la cancelleria del giudice stesso.

    Art. 583 
    Aggiudicazione per persona da nominare
    Il procuratore legale, che e’ rimasto aggiudicatario per persona da nominare, deve dichiarare in cancelleria nei tre giorni dall’incanto il nome della persona per la quale ha fatto l’offerta, depositando il mandato.
    In mancanza, l’aggiudicazione diviene definitiva al nome del procuratore.
    Art. 584 Offerte dopo l’incanto
    Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un sesto quello raggiunto nell’incanto.
    Tali offerte si fanno a norma dell’articolo 571 e, prima di procedere alla gara di cui all’articolo 573, il cancelliere da’ pubblico avviso dell’offerta piu’ alta a norma dell’articolo 570.
    Art. 585 Versamento del prezzo
    L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall’ordinanza che dispone la vendita a norma dell’articolo 576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l’avvenuto versamento.
    Se l’immobile e’ stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l’aggiudicatario e’ stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell’esecuzione puo’ limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti.
    Art. 586 Trasferimento del bene espropriato
    Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione puo’ sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell’ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall’aggiudicatario a norma dell’articolo 508 (1).
    Il decreto contiene altresi’ l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto.
    Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio.
    (1) Comma cosi’ modificato dall’art. 19 bis, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
    Art. 587 Inadempienza dell’aggiudicatario
    Se il prezzo non e’ depositato nel termine stabilito, il giudice dell’esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto.
    Per il nuovo incanto si procede a norma degli articoli 576 e seguenti. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente e’ tenuto al pagamento della differenza.
    Art. 588 Esito negativo dell’incanto
    Se la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte, ogni creditore nel termine di dieci giorni puo’ fare istanza di assegnazione a norma dell’articolo seguente.
    Art. 589 Istanza di assegnazione
    L’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell’articolo 506 e al prezzo determinato a norma dell’articolo 568.
    Art. 590 Provvedimento di assegnazione
    Decorsi dieci giorni da quello dell’incanto andato deserto, il giudice dell’esecuzione dispone l’audizione delle parti e dei creditori iscritti non intervenuti.
    All’udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede su di esse, fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio.
    Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell’articolo 586.
    Art. 591 Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto
    All’udienza di cui all’articolo precedente il giudice dell’esecuzione, se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, dispone l’amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure ordina che si proceda a nuovo incanto.
    In quest’ultimo caso, il giudice puo’ stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicita’, fissando un prezzo base inferiore di un quinto a quello precedente.
    Sezione IV: DELL’AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA
    Art. 592 Nomina dell’amministratore giudiziario
    L’amministrazione giudiziaria dell’immobile e’ disposta per un tempo non superiore a tre anni e affidata a uno o piu’ creditori o a un istituto all’uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti i creditori vi consentono.
    All’amministratore si applica il disposto degli articoli 65 e seguenti.
    Art. 593 Rendiconto
    L’amministratore, nel termine fissato dal giudice dell’esecuzione, e in ogni caso alla fine di ciascun trimestre, deve presentare in cancelleria il conto della sua gestione e depositare le rendite disponibili nei modi stabiliti dal giudice.
    Al termine della gestione l’amministratore deve presentare il rendiconto finale.
    I conti parziali e quello finale debbono essere approvati dal giudice. Questi, con ordinanza non impugnabile, risolve le contestazioni che sorgono in merito ad essi, applicando le disposizioni degli articoli 263 e seguenti.
    Art. 594 Assegnazione delle rendite
    Durante il corso dell’amministrazione giudiziaria, il giudice dell’esecuzione puo’ disporre che le rendite riscosse siano assegnate ai creditori secondo le norme degli articoli 596 e seguenti.
    Art. 595 Cessazione dell’amministrazione giudiziaria
    In ogni momento il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti puo’ chiedere che il giudice dell’esecuzione, sentite le altre parti, proceda a nuovo incanto o all’assegnazione dell’immobile. Durante l’amministrazione giudiziaria ognuno puo’ fare offerta di acquisto a norma degli articoli 571 e seguenti.
    L’amministrazione cessa, e deve essere ordinato un nuovo incanto, quando viene a scadere il termine previsto nell’ordinanza di cui all’articolo 592, tranne che il giudice, su richiesta di tutte le parti, non ritenga di poter concedere una o piu’ proroghe che non prolunghino complessivamente l’amministrazione oltre i tre anni.
    Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
    Art. 596 Formazione del progetto di distribuzione
    Se non si puo’ provvedere a norma dell’articolo 510 primo comma, il giudice dell’esecuzione, non piu’ tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinche’ possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l’udienza per la loro audizione.
    Tra la comunicazione dell’invito e l’udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni.
    Art. 597 Mancata comparizione
    La mancata comparizione alla prima udienza e in quella fissata a norma dell’articolo 485 ultimo comma importa approvazione del progetto per gli effetti di cui all’articolo seguente.
    Art. 598 Approvazione del progetto
    Se il progetto e’ approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte le parti, se ne da’ atto nel processo verbale e il giudice dell’esecuzione ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell’articolo 512.
    Capo V: DELL’ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI
    Art. 599 Pignoramento
    Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore.
    In tal caso del pignoramento e’ notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali e’ fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice.
    Art. 600 Convocazione dei comproprietari
    Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando e’ possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore.
    Se la separazione non e’ possibile, puo’ ordinare la vendita della quota indivisa o disporre che si proceda alla divisione a norma del codice civile.
    Art. 601 Divisione
    Se si deve procedere alla divisione, l’esecuzione e’ sospesa finche’ sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all’articolo 627.
    Avvenuta la divisione, la vendita o l’assegnazione dei beni attribuiti al debitore ha luogo secondo le norme contenute nei capi precedenti.
    Capo VI: DELL’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO
    Art. 602 Modo dell’espropriazione
    Quando oggetto dell’espropriazione e’ un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore e’ stata revocata per frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono.
    Art. 603 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto
    Il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al terzo.
    Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare.
    Art. 604 Disposizioni particolari
    Il pignoramento e in generale gli atti d’espropriazione si compiono nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative al debitore, tranne il divieto di cui all’articolo 579 primo comma.
    Ogni volta che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il debitore, e’ sentito anche il terzo.
    Titolo III: DELL’ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO
    Art. 605 Precetto per consegna o rilascio
    Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all’articolo 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi.
    Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l’intimazione va fatta con riferimento a tale termine.
    Art. 606 Modo della consegna
    Decorso il termine indicato nel precetto, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano e le ricerca a norma dell’articolo 513; quindi ne fa consegna alla parte istante o a persona da lei designata.
    Art. 607 Cose pignorate
    Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non puo’ avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti.
    Art. 608 Modo del rilascio
    L’ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che e’ tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procedera’.
    Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore.
    Art. 609 Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione
    Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l’ufficiale giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, puo’ disporne la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo.
    Se le cose sono pignorate o sequestrate, l’ufficiale giudiziario da’ immediatamente notizia dell’avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al pretore per l’eventuale sostituzione del custode.
    Art. 610 Provvedimenti temporanei
    Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficolta’ che non ammettono dilazione, ciascuna parte puo’ chiedere al pretore, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti.
    Titolo IV: DELL’ESECUZIONE FORZATA DI OBBLIGHI DI FARE O DI NON FARE
    Art. 612 Provvedimento
    Chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al pretore che siano determinate le modalita’ dell’esecuzione.
    Il pretore provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.
    Art. 613 Difficolta’ sorte nel corso dell’esecuzione
    L’ufficiale giudiziario puo’ farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al pretore le opportune disposizioni per eliminare le difficolta’ che sorgono nel corso dell’esecuzione. Il pretore provvede con decreto.
    Art. 614 Rimborso delle spese
    Al termine dell’esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al pretore la nota delle spese anticipate vistata dall’ufficiale giudiziario con domanda di decreto d’ingiunzione.
    Il pretore, quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma dell’articolo 642.
    Titolo V: DELLE OPPOSIZIONI
    Capo I: DELLE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEL TERZO ASSOGGETTATO ALL’ESECUZIONE 

    Sezione I:DELLE OPPOSIZIONI ALL’ESECUZIONE
    Art. 615 Forma dell’opposizione
    Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non e’ ancora iniziata, si puo’ proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27.
    Quando e’ iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilita’ dei beni si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a se’ e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
    Art. 616 Provvedimenti del giudice dell’esecuzione
    Se competente per la causa e’ l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione, questi provvede all’istruzione a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti rimette le parti davanti all’ufficio giudiziario competente per valore, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa.
    Sezione II: DELLE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI
    Art. 617 Forma dell’opposizione
    Le opposizioni relative alla regolarita’ formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto.
    Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio di cinque giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.
    Art. 618 Provvedimenti del giudice dell’esecuzione
    Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a se’ e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, e da’, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni.
    All’udienza da’ con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti all’istruzione della causa, che e’ poi decisa dal collegio con sentenza non impugnabile.
    Sono altresi’ non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell’articolo precedente primo comma.
    Sezione III: OPPOSIZIONE IN MATERIA DI LAVORO, DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA
    Art. 618 bis Procedimento
    Per le materie trattate nei Capi I e II del titolo IV del libro secondo, le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili.
    Resta ferma la competenza del giudice dell’esecuzione nei casi previsti dal secondo comma dell’art. 615 e dal secondo comma dell’art. 617.
    Sezione e articolo aggiunti dall’art. 3, L. 13 agosto 1973, n. 533.
    Capo II: DELLE OPPOSIZIONI DI TERZI
    Art. 619 Forma dell’opposizione
    Il terzo che pretende avere la proprieta’ o altro diritto reale sui beni pignorati puo’ proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni.
    Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a se’ e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
    Se all’udienza le parti non raggiungono un accordo, il giudice, quando e’ competente l’ufficio giudiziario al quale appartiene, provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti fissa all’opponente un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti all’ufficio giudiziario competente per valore.
    Art. 620 Opposizione tardiva
    Se in seguito alla opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l’opposizione e’ proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata.
    Art. 621 Limiti della prova testimoniale
    Il terzo opponente non puo’ provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
    Art. 622 Opposizione della moglie del debitore
    L’opposizione non puo’ essere proposta dalla moglie convivente col debitore, relativamente ai beni mobili pignorati nella casa di lui, tranne che per i beni dotali o per i beni che essa provi, con atto di data certa, esserle appartenuti prima del matrimonio o esserle pervenuti per donazione o successione a causa di morte.
    La Corte costituzionale, con sentenza 15 dicembre 1967, n. 143, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente articolo.
    Titolo VI: DELLA SOSPENSIONE E DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
    Capo I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO
    Art. 623 Limiti della sospensione
    Salvo che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale e’ impugnato il titolo esecutivo, l’esecuzione forzata non puo’ essere sospesa che con provvedimento del giudice dell’esecuzione.
    Art. 624 Sospensione per opposizione all’esecuzione
    Se e’ proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli 615 secondo comma e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza.
    Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata quando sorge una delle controversie previste nell’articolo 512.
    Art. 625 Procedimento
    Sull’istanza per la sospensione del processo di cui all’articolo precedente, il giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza, sentite le parti.
    Nei casi urgenti, il giudice puo’ disporre la sospensione con decreto, nel quale fissa l’udienza di comparizione delle parti. Alla udienza provvede con ordinanza.
    Art. 626 Effetti della sospensione
    Quando il processo e’ sospeso, nessun atto esecutivo puo’ essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione.
    Art. 627 Riassunzione
    Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non piu’ tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d’appello che rigetta l’opposizione.
    Articolo cosi’ sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
    Art. 628 Sospensione del termine di efficacia del pignoramento
    La opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del termine previsto nell’articolo 497.
    Capo II: DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
    Art. 629 Rinuncia
    Il processo si estingue se, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti.
    Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti.
    In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell’articolo 306.
    Art. 630 Inattivita’ delle parti
    Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.
    L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto dell’articolo successivo. L’estinzione e’ dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione, la quale e’ comunicata a cura del cancelliere, se e’ pronunciata fuori dall’udienza.
    Contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione ovvero rigetta l’eccezione relativa e’ ammesso reclamo con l’osservanza delle forme di cui all’articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza (1).
    Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847.
    (1) La Corte costituzionale, con sentenza 17 dicembre 1981, n. 195, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del presente comma nella parte in cui non estende, in relazione all’art. 629 c.p.c., il reclamo previsto dall’art. 630, ultimo comma, all’ordinanza del giudice dell’esecuzione dichiarativa dell’estinzione del processo esecutivo per rinuncia agli atti.
    Art. 631 Mancata comparizione all’udienza
    Se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice dell’esecuzione fissa una udienza successiva di cui il cancelliere da’ comunicazione alle parti.
    Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice dichiara con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo.
    Si applica l’ultimo comma dell’articolo precedente.
    Articolo cosi’ sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847.
    Art. 632 Effetti dell’estinzione del processo
    Se l’estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti; se avviene dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione, la somma ricavata e’ consegnata al debitore.
    Avvenuta l’estinzione del processo, il custode rende al debitore il conto, che e’ discusso e chiuso davanti al giudice della esecuzione.
    Si applica la disposizione dell’articolo 310 ultimo comma.