cito:
Milano, 15 ott.
Ho deciso di riportare questo sconcertante articolo che ho reperito su internet ( fonte Adnkronos/Ign) – , perchè credo che ci si debba rendere conto della dimensione del problema che non è più assolutamente catalogabile come crisi economica .
In sostanza siamo di fronte a una crisi epocale del sistema consumistico e capitalistico e ad un radicale cambiamento degli stili di vita e delle persone.
Ritengo che si tratti , piuttosto di una crisi di natura strutturale , di proporzioni epocali che ridurrà il Pil non meno del 20 %.
Alla fine di questa crisi il nostro sistema economico sarà fortemente ridimensionato, cosi come il nostro sistema finanziario .
Il nostro debito pubblico sarà CARTA STRACCIA e solo nelle nostre mani… nelle mani degli italiani , volente o nolente e ciò comporterà un impoverimento complessivo delle famiglie rilevantissimo e il fatto che le nostre pensioni sarnno pagate con carta straccia.
Avremo anche per abbassamento dei consumi correnti delle famiglie del 10% , 15 % ( alimenti , bevande, benzina, luce, vacanze , telefono ) e del 20 % - 25% dei consumi di beni durevoli per almeno 6 /8 anni .
Il tasso di disoccupazione statistico arriverà al 16 /18 % quello reale oltre il 25 % e ci rimarra’ per almeno 10 anni.
Quello che genera tutto cio è in questi numeri nascosti dal nostro governo ai piu…
Ecco l’ articolo …
In Italia nei primi 9 mesi del 2012 hanno portato i libri in Tribunale piu' di 35 imprese al giorno, quasi 1.000 al mese, per un totale di 8.718 fallimenti. E' quanto emerge dall'analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata alla fine del terzo trimestre 2012, realizzata da Cribis D&B, societa' del gruppo Crif specializzata nella business information.
Nello specifico, dopo i 3.212 casi rilevati nel primo trimestre e i 3.109 del secondo, nel terzo trimestre dell'anno (caratterizzato dalla presenza del mese di agosto, che tradizionalmente ne comprime la dinamica) sono fallite 2.397 imprese (contro le 2.205 del terzo trimestre 2011). Considerando il trend a partire dal 1 gennaio 2009, quando la crisi economica ha iniziato a far sentire, sono complessivamente 41.556 le imprese ad aver dichiarato fallimento.
Il numero di fallimenti registrato in Italia nel terzo trimestre 2012 cresce sensibilmente sia rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno (+9%), sia rispetto agli anni precedenti (+16% rispetto al 2010 e soprattutto +39% rispetto al 2009). Nei primi nove mesi del 2012, a fallire in Italia sono state soprattutto societa' di capitali, con 6.674 casi, pari al 77% del totale. Solo una minoranza invece sono societa' di persone (1.075 casi, pari al 12%) e ditte individuali (969 casi, pari all'11%).
"Il numero dei fallimenti rilevato anche nel terzo trimestre dell'anno in corso rimane molto al di sopra dei livelli pre-crisi - commenta Marco Preti, ad di Cribis D&B -. Questo dato purtroppo non sorprende e, anzi, trova un riscontro anche nei comportamenti di pagamento adottati dalle imprese italiane nei confronti dei propri fornitori, ancora in sofferenza. Del resto, la congiuntura economica ancora negativa fa si' che gli insoluti, anche quelli non particolarmente gravi, possano mettere seriamente in difficolta' anche imprese solide".
La distribuzione dei fallimenti lungo la penisola presenta situazioni molto differenti. La regione di gran lunga piu' colpita risulta essere la Lombardia (quella che, del resto, presenta anche il maggior numero di imprese attive), dove dall'inizio del 2012 hanno dichiarato fallimento 1.925 imprese, 541 casi solamente considerando il terzo trimestre, totalizzando una quota superiore al 22% di tutti i casi registrati in Italia nel periodo di rilevazione. Al secondo posto si colloca il Lazio, con 897 fallimenti nel 2012, mentre chiude il podio il Veneto, con 743 casi totali di cui 238 nel solo terzo trimestre.
Seguono Campania e Piemonte (in entrambe le regioni 688 casi nei primi nove mesi 2012), Emilia Romagna (641) e Toscana (604). Piu' di 400 casi nei primi nove mesi dell'anno si contano poi in Puglia e Sicilia, oltre 300 nelle Marche. Oltre il 20% dei fallimenti registrati in Italia nei primi nove mesi del 2012 riguarda l'edilizia, che si conferma il settore in maggiore difficolta' con 1.862 casi, sommando i microsettori della 'costruzione di edifici', degli 'installatori' e dell''edilizia specializzata'. Collegati alla crisi del comparto vanno considerati anche i 450 fallimenti rilevati nel settore immobiliare.
Particolarmente colpito anche il commercio all'ingrosso (666 fallimenti nel microsettore del 'commercio all'ingrosso dei beni durevoli', 533 nel 'commercio all'ingrosso di beni non durevoli'), al quale si aggiungono i 547 fallimenti nei 'servizi commerciali'.
Relativamente ai comparti che negli ultimi tre mesi sono stati particolarmente colpiti dalla contrazione dei consumi da parte delle famiglie, la rilevazione di Cribis D&B mette in evidenza i 67 fallimenti nel commercio al dettaglio di abbigliamento e accessori (1.290 casi dal gennaio 2009), i 32 fallimenti di alimentari (547 casi totali), i 94 casi registrati tra bar e ristoranti (1.545 dal 2009) oltre ai 24 alberghi che sono stati costretti a portare i libri in Tribunale nell'ultimo trimestre (per un totale di 369 casi complessivi).
"Il futuro rimane incerto - aggiunge l'ad Marco Preti - e il numero di fallimenti rappresenta un sintomo di questa delicata situazione esattamente come i comportamenti di pagamento, la fotografia piu' affidabile e aggiornata dello stato di salute delle imprese, che mostrano un'Italia ancora in difficolta', con settori che presentano un livello di pagamenti puntuali in forte diminuzione, come la gia' citata edilizia o i trasporti, e con aree geografiche in forte sofferenza, come la Campania, la Sardegna o la Sicilia. Per questo possiamo ritenere che il numero di fallimenti purtroppo sia destinato a mantenersi su livelli elevati anche nei prossimi mesi".
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