Disquisizione filosofica e giuridica sulla non perseguibilità di una prestazione impossibile e l’esclusione di un bene produttivo dall’imposizione fiscale per cause di forza maggiore
Il concetto di prestazione impossibile, sia dal punto di vista giuridico che filosofico, trova radici profonde in varie dottrine e casi storici. L’impossibilità di adempiere a un obbligo, non per negligenza, ma per cause che vanno oltre il controllo dell'individuo o dell'ente, è un principio consolidato che affonda le sue basi tanto nella filosofia morale quanto nel diritto civile.
1. La prestazione impossibile e i suoi fondamenti laici e giuridici
L’art. 1256 del Codice Civile italiano sancisce che, quando una prestazione diventa impossibile per una causa non imputabile al debitore, l’obbligazione si estingue. Questo principio è stato storicamente difeso da filosofi come Immanuel Kant, che nel suo "Fondamento della Metafisica dei Costumi" afferma come la responsabilità morale possa essere ascritta solo quando l'azione è effettivamente possibile. L’individuo non può essere moralmente (né giuridicamente) responsabile per azioni che non è in grado di compiere a causa di condizioni esterne ineluttabili.
Similmente, la giurisprudenza italiana, con la recente sentenza n. 60 del 5 marzo 2024 della Corte Suprema di Cassazione, ha ribadito che un bene non può essere considerato produttivo se è sottratto, per cause di forza maggiore, alla possibilità di generare reddito o essere utilizzato dai legittimi aventi diritto. Questa sentenza rappresenta un precedente innovativo, affermando che un immobile, quando sottoposto a vincoli legali che ne impediscono l’uso, non può essere soggetto a imposizione fiscale. La Corte ha riconosciuto che la disponibilità materiale di un bene è un presupposto necessario per l’imposizione fiscale e che l’assenza di fruibilità annulla il principio di produttività del bene.
2. Il concetto di bene produttivo e la sua relatività
Tradizionalmente, il bene produttivo è definito come un’entità capace di generare utilità o reddito per il suo proprietario. Tuttavia, se un bene viene sottratto, per via di un vincolo legale o per cause indipendenti dalla volontà del proprietario, alla sua possibilità di produrre, esso perde automaticamente la sua natura di bene produttivo. È un concetto che risuona anche nelle teorie economiche di John Stuart Mill, il quale affermava che un bene non utilizzabile non può essere soggetto alle stesse regole di mercato applicate a un bene in stato attivo.
Nel caso del capannone industriale, oggetto della controversia con il Comune di Cinisello Balsamo, questo principio diventa cruciale. La sottrazione del bene dalla disponibilità dei legittimi proprietari, a causa di un vincolo giuridico imposto dal Tribunale di Monza fino alla fine del 2023, rende impossibile la generazione di reddito o l’uso produttivo dello stesso. La Corte Suprema ha così affermato che, essendo il bene indisponibile, non può essere considerato un bene produttivo, e pertanto non può essere soggetto ad alcuna forma di tassazione in quegli anni.
3. La difesa comunale e la Commissione tributaria regionale: violazione dei principi fondamentali
Nel contesto della causa legale, la difesa comunale ha ignorato l'applicazione delle norme imperative previste dagli articoli 1176 e 1256 del Codice Civile. L’art. 1176 stabilisce che il debitore deve adempiere con la diligenza del buon padre di famiglia, ma quando l’impossibilità è assoluta, come nel caso del capannone bloccato dalla giustizia, nessuna diligenza, anche minima, può superare la forza maggiore.
La Commissione tributaria regionale ha invece preteso l’affermazione di un concetto rigido di obbligatorietà fiscale, nonostante l’esistenza di una materiale impossibilità a usufruire del bene. È un errore giuridico, poiché pretende il rispetto di un obbligo che non può essere adempiuto in quanto il capannone, oggetto della controversia, non era utilizzabile né accessibile durante il periodo di vincolo.
L’elemento centrale della sentenza della Corte Suprema è il riconoscimento che i soggetti, in certificata condizione di precarietà e impossibilità operativa, non possono essere ritenuti responsabili per l'impossibilità di usare un bene immobiliare congelato per decisione del Tribunale. In tal senso, si sottolinea come il periodo di vincolo legale abbia reso non produttivo il bene, e di conseguenza, la non fruibilità escluda la possibilità di tassazione per mancata produzione di reddito.
4. Conclusione: il nuovo equilibrio tra responsabilità e impossibilità
Il caso discusso offre una visione innovativa sui limiti della responsabilità fiscale e giuridica, tracciando un parallelo tra il diritto civile e la filosofia morale. La prestazione impossibile, come sancito dall’art. 1256, rimane un principio chiave che tutela i soggetti impossibilitati a disporre dei loro beni per cause esterne. Il concetto di bene produttivo deve essere rivalutato alla luce della concreta fruibilità del bene, senza la quale l’obbligo fiscale non può esistere. La difesa comunale e la Commissione tributaria, nel non considerare tali principi, hanno ignorato l'evoluzione giuridica sancita dalla recente sentenza della Corte Suprema, offrendo una lettura anacronistica e ingiusta delle norme fiscali.
In conclusione, la non perseguibilità di un soggetto che si trova in una situazione di impossibilità oggettiva di utilizzo del proprio bene deve essere considerata come un principio cardine della giustizia, in linea con la necessità di equità fiscale e rispetto delle condizioni effettive di utilizzo dei beni, senza le quali l'imposizione fiscale non può essere ritenuta valida.
Redazione Giuridica
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