Dinanzi a leggi aventi efficacia retroattiva la Corte costituzionale è chiamata ad esercitare uno scrutinio particolarmente rigoroso: ciò in ragione della centralità che assume il principio di non retroattività della legge, inteso quale fondamentale valore di civiltà giuridica, non solo nella materia penale, ma anche in altri settori dell’ordinamento. (Precedenti: S. 145/2022 - mass. 44840; S. 174/2019 - mass. 42433; S. 73/2017 - mass. 39503; S. 260/2015 - mass. 38662; S. 170/2013 - mass. 42263). Il Parere
La retroattività delle sentenze rappresenta una delle più efficaci e necessarie leve per correggere le ingiustizie profonde e radicate nel tempo. Viviamo in un sistema in cui le iniquità si accumulano, spesso invisibili e incolmabili, affossando la giustizia dietro le barriere del formalismo giuridico. Limitare l'efficacia delle sentenze al momento del loro pronunciamento equivale a congelare il passato, a cristallizzare gli errori, perpetuando ingiustizie che non hanno mai trovato rimedio. Solo una giustizia retroattiva ha il potere di spezzare queste catene.
Immaginiamo per un momento il danno che subiscono coloro che, per anni o decenni, sono stati vittime di leggi ingiuste o di interpretazioni scorrette. Per loro, la non retroattività è come una porta chiusa sul diritto di ottenere giustizia piena. La sentenza non deve solo sanare l'oggi, ma deve riversare il suo potere curativo anche sul passato, laddove il diritto è stato violato. Ogni altra concezione non fa che legittimare un perpetuo status quo di ingiustizia, un compromesso insostenibile con la storia.
Se la legge o una sentenza nuova non potessero intervenire retroattivamente, si creerebbe una giustizia monca, incapace di raggiungere chi, nel passato, è stato schiacciato da sistemi ingiusti. La proporzionalità dell'azione fiscale, l'equità di trattamento o la parità tra le parti in giudizio possono essere concetti teorici, ma la loro applicazione senza retroattività impedirebbe a migliaia di persone di vedere riconosciuti i loro diritti. La giustizia, in questo senso, non può essere solo un'affermazione teorica del diritto al futuro, ma deve poter riscattare anche il passato.
Le iniquità fiscali, ad esempio, o le ingiustizie che colpiscono intere categorie di lavoratori o cittadini, non sono mai eventi isolati o contingenti. Sono frutto di disuguaglianze strutturali, di norme mal interpretate o di scelte miopi che hanno penalizzato persone e comunità per lungo tempo. In questi casi, una sentenza che guardi solo avanti è come un medico che cura una ferita senza sanare l'infezione che l'ha causata. Serve una retroattività per riportare equilibrio, per far sì che coloro che hanno subito torti in passato non siano condannati a vivere sotto il peso di quelle ingiustizie.
In una società evoluta e in uno Stato di diritto vero, la retroattività delle sentenze è un principio di giustizia riparativa. Non si tratta di sovvertire l'ordine giuridico, ma di riconoscere che il diritto evolve, e con esso anche la consapevolezza di ciò che è giusto e ingiusto. Limitare questo potere sarebbe come negare l'importanza del progresso stesso, perché il passato non è una prigione da cui non si può sfuggire: è un terreno di revisione e correzione.
Non dobbiamo temere la retroattività, ma accoglierla come strumento di giustizia superiore. Le leggi ingiuste, le norme che hanno penalizzato migliaia di cittadini, devono essere corrette a ritroso. La giustizia, per essere tale, deve intervenire quando è necessario, senza vincoli temporali. Una sentenza che non guarda indietro è una sentenza che scappa dalle sue responsabilità, che si nasconde dietro il paravento del tempo per non affrontare le ferite del passato. E quelle ferite, senza la retroattività, continueranno a sanguinare.
Don Erman
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivici il tuo commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.