L’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto, che sarebbe spettato sicuramente all’impresa ricorrente e che la giurisprudenza riconosce nella misura del 10%, è applicabile solo nel caso in cui l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi. Nel caso in cui, invece, tale dimostrazione non sia offerta è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità; in tale ipotesi il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell’offerta dell’impresa.
Con questa decisione, Il Giudice amministrativo ha ribadito il discrimine fra “utile di impresa” di cui è data dimostrazione di perdita tramite documentazione attestante l’inutilizzo delle risorse economiche e tecniche inizialmente a disposizione per l’esecuzione dell’appalto non aggiudicato (risarcito nella misura del 10% visto l’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F, ora art. 122 del d.P.R. n. 554/1999) e “utile di impresa” il cui venir meno non è idoneamente provato, per il quale la giurisprudenza – pur senza precisi e circostanziati dati normativi – accorda un risarcimento in via equitativa pari non al 10% bensì al 5%.
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