sabato 18 dicembre 2010

APPALTI: ILLEGITTIME LE OFFERTE SENZA UTILE D’ IMPRESA.



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Giovedì 16 Aprile 2009 15:58
In un appalto pubblico deve ritenersi illegittima una offerta in perdita che non prevede neanche un minimo utile di impresa; per la valutazione del costo del personale «a progetto» non si puo` fare riferimento al ccnl. E` quanto stabilisce il Tar Lombardia, Milano, sez. III, con la sentenza del 23 febbraio 2009 n. 1356 decidendo una controversia relativa ad un appalto di servizi che aveva visto esclusa l`offerta di una impresa (inferiore del 20% rispetto alla media delle offerte), ritenuta dalla stazione appaltante non congrua sotto il profilo economico del costo del personale in relazione alle remunerazioni dei lavoratori «a progetto», inferiori ai minimi salariali previsti nel ccnl. Nell`ambito dell`esame della correttezza del comportamento della stazione appaltante i giudici affrontano in primo luogo la questione generale della congruenza delle offerte affermando che non c`e` «una quota di utile rigida al di sotto della quale la proposta dell`appaltatore debba considerarsi per definizione incongrua». Il discrimen da tenere presente nella valutazione dell`anomalia deve essere invece individuato nella presenza o meno di un utile di impresa perche`, dice la sentenza, e` decisivo verificare «che l`appalto non venga eseguito in perdita». In altre parole, se si puo` considerare accettabile un margine di utile esiguo, giustificabile da logiche di impresa finalizzate a mantenere quote di mercato e requisiti tecnici ed economici, non puo` invece essere ammesso che dal contratto l`impresa possa rimetterci a seguito di una offerta «in perdita». Per quel che riguarda, poi, la verifica sul costo del lavoro per i collaboratori «a progetto», il Tar afferma che la remunerazione minima da corrispondere a questa tipologia di lavoratori «non deve necessariamente essere quella, prevista nei contratti collettivi applicabili ai lavoratori subordinati». I collaboratoti a progetto rientrano infatti nel novero dei lavoratori autonomi e, dice la sentenza, i contratti collettivi che disciplinano il lavoro subordinato non sono applicabili ne` direttamente ne` indirettamente a tali collaboratori, con l`ulteriore conseguenza che a essi, pertanto, la verifica sull`anomalia di tali costi deve essere riferita alla congruita` del compenso rispetto alla quantita` e alla qualita` delle attivita` che i collaboratori sono chiamati a svolgere, tenendo,«conto dei compensi normalmente erogati per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto

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