[18]La Comm.trib. prov. Pisa, sez. III, con la sentenza 22 maggio 1998, n. 122 ha affermato che la violazione di omesso versamento dell'i.v.a. trimestrale non è giustificata dall'affermata mancanza di liquidità e di lavoro da parte del contribuente.
4. Le sanzioni in materia di riscossione.
Nel Titolo II del decreto n. 471 viene disciplinato il regime sanzionatorio applicabile in relazione alle condotte illecite poste in essere in materia di riscossione dei tributi. In particolare, l’art. 13 individua le violazioni dell’obbligo di versamento. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici[18], il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto alla sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli artt. 36 bis e 36 ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell’art. 54 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Come viene sottolineato nella sentenza del 17 aprile 2001, n. 21 della Comm. trib. reg. Torino, sez. IV, al fine di corrispondere la sanzione nella misura del trenta per cento di cui all'art. 13 D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, l'iscrizione a ruolo deve essere necessariamente preceduta dalla notificazione al contribuente di un invito a versare le somme dovute entro il termine di trenta giorni. Pertanto, l'omissione dell'invito a versare l'imposta dovuta inficia di nullità derivata anche gli atti che come l'iscrizione a ruolo, nella sequenza procedimentale, dipendono da esso e da esso cronologicamente fanno seguito. La disposizione sanzionatoria in analisi sostituisce la soprattassa per l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto precedentemente disciplinata dall'art. 44 D.P.R. n. 633 del 1972. In caso di violazione per omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto commessa anteriormente al 1 aprile 1998, in presenza delle condizioni per l'applicazione delle disposizioni più favorevoli, deve trovare applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'art. 13 D.Lgs. n. 471 del 1997, pari al 30 % dell'imposta non versata, siccome meno grave della soprattassa di cui, stabilita in misura pari alla somma non versata. (Cassazione civile, sez. trib., 8 marzo 2000, n. 2609)
L’art. 14 concerne le violazioni dell’obbligo di esecuzione di ritenute alla fonte. Il sostituto d’imposta che non esegue, in tutto o in parte, le ritenute alla fonte è soggetto alla sanzione amministrativa pari al venti per cento dell’ammontare non trattenuto, salva l’applicazione delle disposizioni dell’art. 13 per il caso di omesso versamento. Infine l’art. 15 prevede la violazione dell’obbligo di documentazione dei versamenti. Si prevede che, nei casi in cui i documenti utilizzati per i versamenti diretti non contengono gli elementi necessari per l’identificazione del soggetto che li esegue e per l’imputazione della somma versata, si applica la sanzione amministrativa da euro 103 ad euro 516. Il concessionario per la riscossione è tenuto a comunicare l’infrazione all’ufficio o all’ente impositore.
Dott. Nicola MONFREDA
Ufficiale della Guardia di Finanza
[1] Art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000: 1. È punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a euro 77.468,53.
2. Ai fini della disposizione prevista dal comma 1 non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
[2] Ai sensi del combinato disposto dei commi 3 e 4 dell'art. 1 del D.P.R. n. 322 del 1998, la nullità può essere sanata se il contribuente o il soggetto tenuto alla sottoscrizione vi provvede entro trenta giorni dal ricevimento di apposito invito formulato da parte del competente ufficio dell'agenzia delle entrate.
[3] In S.O. n.190/L alla G.U. n.291 del 16 Dicembre 2003.
[4] Sul punto si legge che “Per l'applicazione di detta sanzione non è più sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, ma è richiesta la colpevolezza ai sensi dell'art. 5 D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 - applicabile anche agli illeciti anteriori all'entrata in vigore della riforma in materia di sanzioni tributarie introdotta dai D.L.gs. n. 471 e 472 del 18 dicembre 1997, in forza del combinato disposto degli artt. 3, comma 3 (principio del "favor rei"), 25, comma 2 (applicabilità del principio del "favor rei" ai processi in corso), e 29, comma 1, lett. a) (nella parte in cui abroga il principio di ultrattività delle disposizioni sanzionatorie in materia tributaria), del citato D.Lgs. n. 472 del 1997 - e per l'individuazione della stessa è necessario valutare in concreto - sempre in ragione dei richiamati principi - quale, tra le due fattispecie dell'illecito di infedele o incompleta dichiarazione succedutesi nel tempo (previste dall'art. 46 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e dal successivo art. 1 D.Lgs. n. 471 del 1997), comporti conseguenze sanzionatorie meno onerose per il contribuente.”
[5] D'ANDREA, in “Ancora sul concetto di imposta evasa”, in Il Fisco, 2000/45, riferendosi al passo della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza afferma che: "suscitano molte perplessità quelle tesi volte a tenere assolutamente distinti e separati il procedimento tributario e quello penale e a giustificare, per tale via,il raggiungimento di risultati differenti. Lo dimostra il fatto che tali tesi non possano che ricevere argomentazioni in verità laconiche, come quella sostenuta, nella circolare n. 114000 del 14 aprile 2000 , che evidenzia come i concetti di imposta dovuta e di evasione «sono concetti simili ma non esattamente coincidenti», senza illustrare, tuttavia, quali siano gli elementi «non esattamente coincidenti» ai due concetti". L'Autore, in realtà, ritiene che "i due concetti esprimano situazioni giuridiche equivalenti e che in tale ottica vadano analizzate le scelte del legislatore per comprendere se le stesse possano essere considerate congrue o se le stesse evidenzino lacune che porteranno ad una sostanziale disapplicazione della riforma"
[6] Vgs. sul punto MONFREDA N., Il rapporto tra il procedimento penale ed il processo tributario aventi ad oggetto i medesimi fatti: brevi considerazioni, in Filodiritto.com, aprile 2005, alla pagina http://www.filodiritto.com/diritto/pubblico/tributario/rappprocpenaletributariomonfreda.htm.
[7] Per quanto riguarda il significato di omessa presentazione si applicano le disposizioni prima analizzate in merito alle imposte dirette
[8] I due obblighi di fatturazione e registrazione si pongono nel rapporto di pregiudizialità e dipendenza in quanto l'inosservanza dell'obbligo di fatturazione rende impossibile l'osservanza dell'obbligo di registrazione.
[9] Il comma 7 prevede che condizione necessaria affinché un acquisto intracomunitario possa essere considerato non imponibile è che il cessionario o committente nazionale comunichi il proprio numero di partita Iva all'altra parte contraente. In difetto di tale comunicazione si applica, quindi, ha sanzione dal 100 al 200% dell'imposta nei confronti dell'operatore nazionale, anche nel caso in cui l'operazione sia stata assoggettata d'imposta in altro Stato membro.
[10] Prima della modifica portata con il D.Lgs. n. 203 del 1998 con l’astensione è applicabile solo nel momento in cui la condotta del contribuente fosse stata di donne ad ostacolare la verificazione del compimento di operazioni imponibili.
[11] Sulla medesima linea interpretativa si pone la sentenza della Cassazione civile, sez. V, 8 marzo 2000, n. 2603. Si afferma, infatti, che l'art. 6, comma 8 del D.Lgs. n. 471 del 1997,, in base al quale il cessionario di un bene od il committente di un servizio, ricevendo fattura irregolare, è tenuto a "regolarizzare l'operazione", con la presentazione di un documento integrativo contenente tutte le indicazioni prescritte dall'art. 21 e con il versamento dell'imposta dovuta, restando soggetto, in caso di omissione, anche a sanzione pecuniaria, implica il solo obbligo di supplire alle mancanze commesse dall'emittente in ordine alla identificazione dell'atto negoziale ed alla notizia dei dati di fatto fiscalmente rilevanti, e non invece anche quello di controllare e sindacare le valutazioni giuridiche espresse dall'emittente medesimo allorché quest'ultimo, in una fattura recante l'esatta annotazione di tutti i suddetti estremi, inserisca (eventualmente in modo erroneo) l'esplicita dichiarazione di non debenza dell'imposta (dichiarazione prevista dal comma 6 di detto art. 21).
[12] Vgs. sul punto anche le sentenze della Commissione Tributaria Regionale di Roma, Sez. I, 15 febbraio 2002 n.8, Commissione Tributaria Provinciale Pesaro, Sez.IV, 15 dicembre 1999 n.565, Commissione Tributaria Provinciale Milano, 12 luglio 1999 n.381.
[13] Il cedente può evitare l’irrogazione della sanzione se provvede, entro 30 giorni, a versare l’imposta previa regolarizzazione della fattura.
[14] L’omessa tenuta si verifica quando le scritture non siano state materialmente istituite; sia stata omessa la bollatura di cui all’art. 2215 c.c.; si riscontrano irregolarità materiali, numerose e ripetute che rendono inattendibili le scritture stesse.
[15] La mancata conservazione si configura allorquando non viene rispettato l’obbligo secondo cui i documenti devono essere conservati sino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta.
[16] Fino a prova contraria, si presume che autori della violazione siano coloro che hanno sottoscritto le risposte e, in mancanza di risposta, i legali rappresentanti della banca, società o ente.
[17] 12. (Sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto). 1. Quando è irrogata una sanzione amministrativa superiore ad euro 51.645 e la sanzione edittale prevista per la più grave delle violazioni accertate non è inferiore nel minimo ad euro 41.316 e nel massimo ad euro 82.633, si applica, secondo i casi, una delle sanzioni accessorie previste nel D.Lgs. recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, per un periodo da uno a tre mesi. La durata delle sanzioni accessorie può essere elevata fino a sei mesi, se la sanzione irrogata è superiore ad euro 103.291 e la sanzione edittale prevista per la più grave violazione non è inferiore nel minimo ad euro 82.633.
2. Qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del D.Lgs. recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da quindici giorni a due mesi. Se i corrispettivi non documentati nel corso del quinquennio eccedono la somma di euro 103.291 la sospensione è disposta per un periodo da due a sei mesi.
3. Se è accertata l’omessa installazione degli apparecchi misuratori previsti dall’art. 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività nei locali ad essa destinati per un periodo da quindici giorni a due mesi. In caso di recidiva, la sospensione è disposta da due a sei mesi.
4. In caso di recidiva nelle violazioni previste dall’art. 10, l’autore delle medesime è interdetto dalle cariche di amministratore della banca, società o ente per un periodo da tre a sei mesi.
[18]La Comm.trib. prov. Pisa, sez. III, con la sentenza 22 maggio 1998, n. 122 ha affermato che la violazione di omesso versamento dell'i.v.a. trimestrale non è giustificata dall'affermata mancanza di liquidità e di lavoro da parte del contribuente.